Cent’anni di album e fantascienza: quando le figurine sognavano la luna

Inizia oggi la rassegna dedicata ai fumetti, cartoni animati, collezionismo. La mostra «Celomanca» celebra un secolo di passione per lo spazio e le stelle. Fino a domenica a Fieramilanocity

Cent’anni di album e fantascienza: 
quando le figurine sognavano la luna

Marte adesso non ha più sogni. Lo Spirit, il robot esploratore che lo abita da tre anni, anche se ferito dalle cascate di polvere e azzoppato dalle tempeste marziane, ha scoperto per caso sotto la crosta l'impronta della vita fossile in una specie di custodia di silice fusa. Batteri, sospetti di vita. Crescono dove c’è acqua e fuoco, la culla che ci vuole per far nascere la vita così come la conosciamo.

Ma che sul pianeta rosso non c’è, o almeno non ancora. Marte è una colonia prossima ventura, enorme e inesplorata, come gli Stati Uniti alla fine del mille e quattrocento, nel 2030 una base permanente della Nasa la trasformerà in una specie di Rinascente, grande migliaia di chilometri, dove trovare di tutto. Marte non è più il regno della fantasia, tranne che in un angolo del pianeta Terra, Cartoomics 2009, da oggi fino a domenica, fumetti, cartoons, collezionismo, games, cioè i sogni di una generazione cresciuta con gli occhi al cielo e la testa tra le nuvole.

Tre giorni di mostre sui mostri e una pioggia di meteoriti di carta, figurine dal futuro, radunate da «Celomanca 09», creatura spaziale di Franco Dassisti, giornalista, critico cinematografico e telecronista sportivo, quasi un secolo di album diviso in tre parti, origini, conquista dello spazio e fantascienza, quello che resta di una nuova frontiera che sembrava non finire mai. La corsa agli altipiani delle stelle la ritrovi nell’edizione olandese dei «Thunderbirds» la fantascienza a marionette ideata nel 1964 da Gerry Anderson; nella raccolta «Atlas Ufo Robot», anno 1978, il cartone di fantascienza più popolare di tutti i tempi, con gli originali disegnati dallo spagnolo Joaquin Chacopino Fabre; nelle bustine del «Grande Mazinga», 1972, che il suo creatore Go Nagai partorì in mezzo al traffico immaginando non rotte di navigazione verso nuovi mondi ma un modo qualsiasi per uscire dall’ora di punta. La vera odissea nello spazio era l’incrocio al semaforo.

Adesso il volo è routine, lo spazio una stanza vuota che non finisce mai, piena al massimo di detriti e di satelliti in disarmo, l’ultima frontiera delle emozioni finite. Ma da lassù, anche a pezzi, in mille figurine, sono arrivati «Jeeg Robot» e «Superman», «Et» e «Alien», l’epopea di «Guerre Stellari», la saga dei «Visitors», la serie di «Capitan Harlock», il pirata dello spazio. Se navighi su Celomanca ritrovi «Capitan Futuro» che negli anni Quaranta immaginava un futuro interplanetario nel futuribile anno 1990, diventato in un nanosecondo passato remoto. E «Spazio 1999», datato 1973, che più di tutti ha immaginato un futuro prossimo relativamente possibile sulla base lunare Alpha, colonizzata dall'uomo, usata come discarica di scorie radioattive, proiettata da un'esplosione nucleare, luna compresa, nelle profondità extraterrestri, incontro a nuove forme di vita e pianeti sconosciuti. Come su Facebook...

Ma non c’è solo fantascienza. C’è l’eterna lotta tra americani e sovietici, l’impero del Male con le sue navette con la falce e martello, alla conquista dell’outer space: lo Sputnik, l’Apollo, Gagarin l’uomo che aveva il coraggio di un alieno, la Luna, «un piccolo passo per un uomo, un grande salto per l’umanità», lo Shuttle, che incendia i cieli e trasforma dalla Terra alla Luna in uno scalo aereo qualsiasi.

Dalle cartoline numerate Urss anni Cinquanta dal tratto delicato, quasi infantile, con il brindisi spaziale consumato con una famiglia extraterrestre, alle cards della serie SpaceShots patrocinata quarant’anni dopo dalla Nasa, con i «Dream-Team» dei cosmonauti sovietici e americani, come fossero Globetrotters, All Stars di basket. Solo figurine. Ultima pattuglia di macchine celesti.

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