Il centro per la sclerosi usato come stalla

Si fa presto a riempirsi la bocca con paroloni come «solidarietà», «beneficenza», «aiuti umanitari» e via fraternizzando. Ma non c’è associazione - più o meno filantropica - che non sia stata vittima di truffe e speculazioni. E quanto più le organizzazioni sono benemerite, tanto più i rischi aumentano. Convenzioni con enti locali e finanziamenti nazionali rappresentano infatti l’«habitat» ideale che può essere sfruttato al meglio da personaggi senza scrupoli.
L’ultima storia che viene da Bova Marina, provincia di Reggio Calabria, è emblematica di quel sodalizio perverso che spesso nelle regioni del Sud (ma anche in quelle del Nord) lega aziende «chiacchierate» a burocrati statali tutt’altro che onesti. Il risultato è che qui, nell’ex convento di vescovile di contrada Spina Santa, i malati di sclerosi multipla non sono mai entrati e, probabilmente, non entreranno mai. Ma anche gli animali (pecore, capre, mucche) che in quell’edificio trovavano spesso rifugio non se la sono passata bene. I carabinieri che infatti, tre giorni fa, hanno messo sotto sequestro l’immobile, hanno trovato resti delle carcasse putrefatte di numerose bestie. Una scena davvero orribile. Che però è la drammatica fotografia dell’ennesimo sperpero di denaro pubblico. Ma in questo caso c’è un’aggravante in più: l’aver speculato sulle spalle dei malati di Sla che - almeno secondo il progetto originario - avrebbero dovuto beneficiare del centro. Risultato: dopo cinque anni di lavoro, di quell’immobile resta solo un rudere trasformato in stalla alla mercé di vandali e sbandati. Altro che «struttura socio-sanitaria da adibire alla riabilitazione per malati di sclerosi multipla»; altro che «un centro-modello» in grado di «ospitare anche i familiari dei pazienti per trascorrere insieme il ciclo di cure». In queste stanze diroccate, al momento, non riescono a sopravvivere neppure le greggi di passaggio. Una storia emblematica di come, dietro la falsa generosità delle buone intenzioni, si nascondano business di tutt’altra natura.
L’inchiesta in corso ha accertato che la struttura sarebbe dovuta essere consegnata nel maggio dello scorso anno, dopo i lavori finanziati per oltre 3 milioni di euro dal Por Calabria e dalla campagna Trenta ore per la vita promosse dall'Associazione italiana sclerosi multipla (Aism). In questa faccenda gli aspetti paradossali non mancano: sulla carta, ad esempio, il centro risulterebbe addirittura già «collaudato»; mentre, in realtà, i carabinieri hanno riscontrato «una situazione di profonda difformità tra quanto accertato dagli organi tecnici preposti alla direzione e controllo dei lavori e quanto realmente esiste: cioè ricoveri per animali e uno stabile lontanissimo dall'essere completato».
«Basta arrivare nel fondo Amigdalà di contrada Spina Santa - spiega una documentata inchiesta curata dal sito calabrese Newz.it - per rendersi conto della incongruenza di quanto certificato e collaudato rispetto a quello che oggi è il costruendo centro Aism: uno spazioso rifugio per capi di bestiame di vario tipo, alcuni dei quali tragicamente periti e decomposti negli ambienti tanto attesi dai pazienti di sclerosi multipla».


Da parte sua l’Aism - che in questa vicenda, va ricordato, è parte lesa - spera di entrare al più presto in possesso della centro. Ma il timore, alla luce degli ultimi sviluppi giudiziari, è che i malati di sclerosi dovranno aspettare ancora molto.

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