Cesa e l’Udc mangiano a sbafo al ristorante

RomaOttime quelle crespelle al grana padano, bagnate da un buon nebbiolo piemontese e seguite dal vitello in salsa verde, e poi altre leccornie fino al brindisi finale con tutti gli illustri convitati. Proprio un bel posto per chiudere la campagna elettorale delle Europee 2009, l’Agorà Palace di Biella, allestito a gala per ospitare i 230 invitati al pranzo dell’Udc, con a capotavola il segretario nazionale, Lorenzo Cesa (nella foto). E il conto? E già, il conto, quegli 8.122 euro che l’Udc, ops, dopo quasi un anno e mezzo non ha ancora pagato. Io C’entro? Sì forse, però non pago.
E pensare che il proprietario dell’albergo, il signor Mauro Tosetti, si è fatto vivo più volte, con telefonate, lettere, fax. Niente, quel pranzo del 31 maggio 2009, non s’ha da pagà. Un conto unico che mette insieme le spese per quella libagione e per un aperitivo, due giorni dopo, per dare l’in bocca al lupo al candidato nuovo dell’Udc per l’Europa, il principe Emanuele Filiberto. Però, in mezzo a tutti questi facoltosi, non si trova nessuno che saldi il conto.
Anzi, dalla segreteria dell’Udc, a cui è intestata la fattura del 4 giugno 2009, le risposte suonano come il più classico scaricabarile. Recapitata la fattura di 8.122 euro, con l’intestazione «Fatturazione pranzo Cesa del 31/05/2009», all’indirizzo della sede nazionale dell’Udc (Roma, via Due Macelli 66 Roma), il primo segnale dal partito centrista è stato un lungo silenzio. A quel punto il titolare dell’Agorà Palace prende il telefono e compone il numero della segreteria nazionale. Risponde una gentile signora che chiede solo un po’ di pazienza, presto avrà una risposta. Presto per modo di dire, perché la lettera dell’Udc arriva il 14 ottobre, quattro mesi dopo. Ma il problema non è tanto la tempistica bizantina, ma il contenuto della missiva che dice più o meno così: «In riferimento alla vostra fattura si precisa che la prestazione in oggetto non è stata commissionata dall’Udc nazionale, pertanto non è di nostra competenza. Cordiali saluti». Firmato, il dirigente amministrativo dell’Udc, Patrizia Puzzovio. In sintesi: non ci chieda i soldi. Anche se a quel pranzo c’era il segretario nazionale, oltre ai vertici regionali dell’Udc. A quel punto tocca sentire proprio loro. Viene contattato il segretario provinciale Udc, nonché vicesegretario regionale del partito, Aldo Smolizza. Il quale promette di sollecitare il pagamento, e si fa anche carico di scrivere personalmente a Cesa per sistemare la questione, che rischia di trasformarsi in una «figuraccia». Lo fa, probabilmente, ma senza nessun risultato.
Impossibile anche parlare con la suddetta responsabile amministrativa dell’Udc, irraggiungibile. L’albergatore allora riprende carta e penna e scrive una seconda lettera, spiegando la vicenda e chiedendo a chi inviare la fattura, visto che se non è competenza stretta dell’Udc nazionale, sarà competenza della sezione regionale, o provinciale, o comunale, insomma di qualcuno nell’Udc, visto che il pranzo era un pranzo di partito, commissionato (come molti altri in precedenza, tutti pagati) dai vertici locali dell’Udc. La lettera parte il 27 ottobre 2009, la risposta arriva coi soliti tempi dilatati, il 17 dicembre. E il succo è sempre quello: l’Udc non paga quel pranzo, chieda ad altri «soggetti». Capìta l’antifona, al signor Tosetti non resta che affidarsi a un legale, il quale dopo una serie di inutili tentativi fa un’ingiunzione di pagamento all’Udc. «Lavoro con molte aziende che fanno pranzi o cene qui da noi ma una cosa del genere non mi era mai successa - spiega il signor Tosetti -.

È triste che lo faccia un partito, che tra l’altro, per aggiungere la beffa al danno, alle scorse regionali ha mandato alle aziende, tra cui la mia, un depliant elettorale, dove c’era scritto sa cosa? Votate Udc, questo governo non fa niente per le pmi che invece sono strangolate perché non hanno credito né certezza dei pagamenti. Comincino a pagarmi il pranzo!».

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