La Juve ci ha provato, ma non ce l’ha fatta. Ha provato a perdere, ma il gusto del thrilling è durato una trentina di minuti. Poi questa Signora con la testa fra le nuvole, è tornata sulla terra, ha capito che a Minsk è un’impresa perdere più che vincere, ed ha ritrovato la strada del buon gioco, della grinta e determinazione e soprattutto quella via del gol che, in campionato, pareva essere finita in cantina. Tante grazie a Iaquinta, cannoniere di riserva che ha sfoderato repertorio vario e preciso. Tanti saluti, per ora, a Minsk e al Bate Borisov, squadra d’assaltatori pieni di voglie e vigoria, capace di dominare il suo campionato ed anche questa Juve, ma solo per trenta minuti. Oggi l’orizzonte di Champions volge al sereno. La sconfitta dello Zenit con il Real diventa un punto in più per la Juve che, fra l’altro, nella ripresa poteva completare l’opera. Però che faticaccia: quarantacinque minuti per sentirsi sul bordo di un burrone, eppoi arrancare faticosamente in salvo trovando salvagente proprio nella ritrovata vena da gol. La Juve scelta da Ranieri ha dimostrato subito di avere qualcosa fuori posto: impensabile vedere Camoranesi, nei primi minuti, trasformarsi nel miglior stopper della compagnia. Preoccupante vedere spazi oceanici a disposizione dei giocatori bielorussi che, d’accordo, sono in testa al loro campionato, hanno forza e intraprendenza ma non sono il gotha calcistico. Eppure la Juve è andata letteralmente in barca per una ventina di minuti: centrocampo come un fuscello al vento, difesa in eterno affanno e i due gol del Bate ne sono stati la logica conseguenza. Il primo gol figlio di tanti colpevoli, compreso Ranieri che ha messo cinque minuti per sostituire Legrottaglie. Dormita che avrà scaldato la fantasia polemica di Mourinho per una delle prossime conferenze: Legrottaglie in difficoltà, Chiellini chiama il cambio, Ranieri chissà a cosa pensa mentre Knetevic si scalda e il Bate va in contropiede con Kryvets e infila elefantone Chiellini e Manninger, che si sarà sentito un Cristo in croce. Brutta storia per una Juve troppo imprecisa, un po’ approssimativa nel gioco. Ed infatti dopo 7 minuti il raddoppio degli altri: lungo cross, Nedved sottovaluta, Manninger ha la catena corta, testa di Stasevich e de profundis Juve.
Ma sono questi i casi in cui il calcio si diverte e fa divertire: vista la Juve peggiore dell’anno, ecco rispuntare la Juve orgogliosa e vanitosa. Così brutta? Impossibile, si sarà detta da vera Signora. Quelli del Bate hanno cominciato a mollare sul piano del ritmo e della tensione. Iaquinta si dev’essere sentito toccato dalla bacchetta magica, i centrocampisti hanno finalmente cominciato a mordere un po’. I gol sono stati sorprendenti, forse, ma figli di un modo più intelligente e deciso di affrontare la partita. Giovinco finalmente si è reso utile sfruttando gli spazi. Prima un cross e la testolona di Iaquinta è stata impareggiabile nel render facile quel che facile non era: testa e gol sono stati tutt’uno con lo sbandamento difensivo della difesa avversaria. Da quel momento la Juve ha cambiato anima, non solo la faccia. Nedved ha sfiorato il pari, Iaquinta c’è arrivato allo scadere del primo tempo, pescato da un pallone preciso del nanetto juventino: tiro deciso e fra le gambe del portiere.
Rimessa in sesto la partita, ma anche la Juve, il rumoroso Juventus club di Minsk ha ritrovato vigore nel tifo raggelato per una buona mezzora.
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