In Champions Mancini vuole un’Inter cecchina

Il tecnico: «Più cattiveria e freddezza» «Adriano? Così non va proprio»

nostro inviato ad Appiano Gentile

La testa balla fra Nedved e la Juve, fra gli infortuni e gli agguati mediatici, fra le debolezze di Adriano e la necessità di mettere a punto la mira in attacco. Tutto Inter e niente Cska, o quasi. Eppur si gioca. Stasera primo ritorno di Champions, la classifica dei russi è un po’ penosetta, ma Mancini distilla l’avviso ai navigatori. «Il Cska, insieme a noi, è la squadra del gruppo con il miglior parco giocatori, gente che ti può mettere in difficoltà». E si è visto nel primo tempo della partita d’andata. L’Inter ritrovò il filo del match solo quando cominciò a giocare d’attacco e non d’attesa. E così dovrebbe essere anche stavolta, sebbene la Juve e Nedved abbiano procurato qualche danno di troppo. Non ci sarà Figo (che ieri si è ritrovato 4° di ogni epoca in una improbabile classifica compilata dall’associazione mondiale degli statistici): il presidente del Portogallo ha inviato gli auguri, Nedved si è di nuovo difeso dopo le bordate di Moratti. «Non sono un violento», ha fatto sapere. «Non gioco per far male agli avversari, non avevo intenzione di ferire Figo, men che meno c’era risentimento contro l’Inter. Ho subito un processo alle intenzioni. Si è trattato di un eccesso di foga agonistica». Ma intanto Figo ha il gambone, operato ieri.
E l’Inter comincia ad esser a corto di uomini. «Finché si rimane in 14 va bene», ha sviato Mancini con una battuta. Disinnescati anche gli atti d’accusa contro Nedved («Credo volesse prendere la palla, certe cose possono accadere, c’è casualità»), il tecnico ha preferito puntare il dito sulla piaghetta nerazzurra. A Torino poteva vincere, ma la mira ha fatto cilecca. Idem contro il Palermo. E allora? In campo Ibra e Crespo. «Ma dobbiamo sfruttare tutte le occasioni che capiteranno. Dobbiamo essere più cinici e cattivi». L’assenza di Figo toglie classe e fantasia, una squadra con troppi operai specializzati non è proprio nelle corde di Mancini. «Studieremo qualche variazione», annuncia ben sapendo a cosa pensare. «Quella delle tre punte è sempre un’idea suggestiva, magari da non provare subito. Tutto dipende da come giocano le punte: serve l’equilibrio giusto». Detto in sintesi: Ibra un po’ più indietro, Cruz/Crespo e Suazo un po’ più avanti.
Se poi qualcuno fosse ancora innamorato di Adriano, tenga il suo amore per miglior causa. Senza mezzi termini, Mancini ha chiarito quel che tutti sanno: «La cosa importante è fare vita normale e lavorare tutti i giorni. Ma sempre. Sottolineo: sempre, sempre, sempre! Almeno per 320 giorni all’anno e non solo per due-tre settimane. Se Adriano si comportasse così, non ci sarebbero problemi. Dice di star benissimo. Ma io lo vedo. Se così fosse, giocherebbe. Faccia vita d’atleta e tornerà quello che era». Ci sarebbe da aggiungere «forse». Se Adriano si presenta fuori peso, se non ha perso i vizietti, se crede di far fessi tutti nascondendosi dietro a qualche piccolo malessere, avrà sempre un posto in tribuna. E per l’Inter sarà difficile venderlo.
Intanto serve quadrare conti («Vincere significa essere quasi negli ottavi»), gol e formazioni. Stasera il dubbio sta nelle condizioni di Maicon. La speranza è quella di recuperare Stankovic e Vieira subito dopo la prossima pausa di campionato.

Intanto Materazzi andrà a Sheffield con la squadra Primavera, che giocherà una partita per festeggiare i 150 anni della squadra inglese. Una promessa fatta da Moratti, in aggiunta un campione del mondo che sta correndo pur di tornare a giocare. Adriano potrebbe tener la sua foto sul comodino.

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