nostro inviato a Sanremo
E meno male che alla fine hanno trovato Elena Di Cioccio, una che la tv la sa fare. Condurrà lei il DopoFestival di YouDem, quella sorta di caravanserraglio che la tv del Pd (satellitare e web) ha lanciato per prendere il posto del DopoFestival Rai. Lo trasmetteranno dagli ex Magazzini Generali e ieri hanno anche fatto la conferenza stampa alla presenza, oltre che della Di Cioccio, della direttrice Chiara Geloni, Stefano Ditraglia, responsabile comunicazione del Pd e pure Lino Paganelli, responsabile feste ed eventi del Pd.
Insomma, lo stato maggiore schierato per un evento minore. Hanno presentato quello che si dice un «programma goliardico» cui sono stati invitati tutti i cantanti in gara ma al quale pochissimi hanno già detto sì. Per ora - ma sono i soliti si dice - potrebbe andarci soltanto il principe Emanuele Filiberto perché tutti gli altri sono «blindati». A dire il vero, ne hanno poca voglia perché l’esposizione è scarsina e il marchio politico è assai imbarazzante per chiunque abbia intenzione di presentare la propria canzone a tutto il pubblico. E poi, parliamoci chiaro, il Dopofestival del Pd è un evento talmente strumentale da cozzare contro la logica del Festival. All’Ariston fino a mezzanotte, se va bene, ci saranno canzoni e gag. Agli ex Magazzini generali, non si sa (ancora).
Difatti l’unico ospite per ora certo è il segretario Pier Luigi Bersani, noto ex metallaro che sarà qui a Sanremo con la figlia.
Elena Di Cioccio, che ha sempre un piglio scherzoso, sforna un obiettivo niente male: «Vorrei fargli citare gli Ac/Dc, magari solo un accenno del loro classico It’s a long way to the top». A dire il vero, per ora solo Patrizia D'Addario ha ammesso che andrebbe di corsa al DopoFestival di YouDem, il che la dice tutta. Va bene, ma che cosa succederà quando si accenderanno le luci delle telecamere? In realtà pochi lo sanno e ancora ieri sera le riunioni erano frenetiche. Intanto lo staff è mica piccolo: una quarantina di persone tra redazione e tecnici che prova a mettere in piedi la «goliardata», insomma un bello spiegamento di forze e chissà se i risultati lo legittimeranno. Al DopoFestival manca - a vederlo così sulla carta - l’elemento decisivo: il disimpegno. Come fa una tivù di partito a confezionare un programma per definizione apartitico, ossia rigorosamente nazionalpopolare? Vedremo. Lo spirito è comunque quello dei Festival dell’Unità dove - come dice la Di Cioccio - «alla fine viene tutto bene ma non si sa come». E probabilmente, visto che lei sa tenere in piedi la baracca anche quando traballa, potrebbe essere davvero così.
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