L’intervista rilasciata da Gabriella Buontempo al Corriere dovrebbe poter diventare la Bibbia di tutte le donne sposate male. Vale a dire di quelle mogli o compagne abituate a sopportare, forzate a fingere, destinate ad avvelenarsi di dolore. Perché hanno un marito narciso, e quindi bugiardo, e quindi traditore. Il quale pretende (sempre) una compagna presente ma paziente, adorante ma cieca, importante ma silenziosa.
Gabriella racconta di avere fatto e tollerato qualsiasi cosa per salvare il matrimonio con Bocchino, di cui era stata innamoratissima; ma aggiunge anche che oggi è certa di avere fatto la scelta giusta, se pure dolorosissima. La prova, come sempre succede se chi ha preso la decisione conosce il valore della dignità e sa guardare con obiettività i fatti, l’ha avuta proprio dal comportamento successivo del marito. Simile, del resto, a quello di tanti altri uomini sconfitti dall’abbandono.
Gabriella, riferendosi ai fatti di quest’estate che hanno visto il suggestivo e suggestionabile Italo strapazzato da una tal Sabina Began, diagnostica nel marito (non ancora ex sino al divorzio) un importante «cretinismo da separazione», tale da renderlo ingenuamente intrappolabile dalle femmine-oche che razzolano un po’ dovunque. Così dicendo, la fantastica e coraggiosa Gabriella focalizza un fenomeno assai diffuso, che mostra la debolezza di molti uomini, anche e soprattutto se colti e apparentemente intelligenti, di fronte alle moine e al vuoto esistenziale delle donnette artificiosamente sexy e volutamente allegre.
Un uomo, infatti, si sente un grande uomo se riesce a riflettersi nello sguardo sgranato e nella risatina isterica di una femminuccia vuota; mentre invece è assalito dal panico della propria inadeguatezza quando è obbligato a guardare negli occhi la donna che lo ama e che è stata imperdonabilmente tradita.
In fondo per gli uomini l’amore coniugale è faticoso, perché è difficile il confronto costante con la lealtà, la fedeltà, e le reciproche inevitabili critiche; molto meglio, per loro, la ricerca del consenso entusiasta, se pure estemporaneo, tramite il sistematico zapping erotico negli affollatissimi pollai delle femminucce fatue.
Salvo rimpiangere, persino accusandone il rigore di non avere perdonato la cosiddetta (infame) scappatella, la moglie saggia, severa e consistente.
Ciò che fa più imbestialire questi traditori, killer seriali di sentimenti e ricordi accuratamente costruiti, è che non solo loro non sono rimpianti affatto, ma addirittura le mogli, liberatesi finalmente dalla zavorra depressiva del fedifrago, riscoprono la libertà, la leggerezza e soprattutto se stesse. Pronte a fare cose nuove e a sognare invece di vivere negli incubi.
Come ha fatto Gabriella e come dovrebbero fare tutti quelli che vogliono onorare i sentimenti che uniscono e non gli attraenti ma angoscianti capricci che dividono.
Scegliere la separazione dal coniuge infedele è un atto di coraggio, tanto quanto il tenerselo. Ma nel primo caso si ricomincia a vivere, nel secondo continuano a morire sentimenti e voglia di vivere.
L’accettazione dell’infelicità coniugale, invece, è una sofferenza malata di compiacimento, che finisce col contagiare anche i figli, nella moltiplicazione dei tempi morti, delle illusioni e delle delusioni.
La separazione è un dolore grave, ma pulito e senza equivoci, come dimostra Gabriella con le sue parole forti e senza sconti.
Se un tempo lei soffriva, aspettando la sofferenza successiva e umiliandosi quotidianamente per la mancanza di rispetto riservatale dall’uomo amato, oggi ha riconquistato onore e orgoglio. Ma anche la forza, a tratti teneramente viperina, di mostrare a tutti, e specialmente a tutte, il suo re detronizzato e denudato.
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