«Ciampi firmi la legge sull’appello»

Randazzo: «La norma applica i princìpi del giusto processo»

Anna Maria Greco

da Roma

Oggi al Quirinale inizierà l’esame della cosiddetta legge Pecorella, che stabilisce la non appellabilità delle sentenze di assoluzione di primo grado per valutare se ha i requisiti per essere promulgata.
Sul Colle il testo è stato trasmesso il 13, all’indomani dell’approvazione definitiva del Parlamento, mentre Carlo Azeglio Ciampi rientrava dal suo viaggio di tre giorni in Sicilia. Ma già prima si era aperta una polemica sulla possibilità che il presidente non la firmasse e la rinviasse alle Camere.
Proprio contro quest’eventualità lancia un appello al Quirinale Ettore Randazzo, presidente delle Camere penali. In una conferenza stampa nella sede di Via Margutta dell’organizzazione che rappresenta 8.500 avvocati penalisti, difende la costituzionalità della norma sostenendo che «applica i principi del giusto processo» e si augura che Ciampi l’approvi senza tentennamenti.
La riforma è stata in questi giorni attaccata dal centrosinistra come «ennesima legge ad personam», criticata duramente dall’Anm e definita «un evento disastroso che creerà gravi problemi» dal primo presidente della Cassazione Nicola Marvulli, che è anche membro di diritto del Csm. Virginio Rognoni, vicepresidente dell’organo di autogoverno della magistratura, ha inoltre espresso un giudizio severo sulla riforma, rilevando vizi di incostituzionalità e considerando la legge tale da snaturare il ruolo della Corte di Cassazione. Anche in un un documento della commissione Riforma di palazzo de’ Marescialli sono state «bocciate» le nuove norme, che avrebbero «effetti fortemente negativi» sul lavoro della Cassazione e sulla «operatività dell’intero sistema», portandolo al «collasso». Il parere ha anche espresso dubbi su eventuali profili di incostituzionalità del provvedimento, soprattutto per quel che riguarda il principio della ragionevole durata dei processi.
Come si sa il Capo dello Stato è anche presidente del Csm e queste prese di posizione da palazzo de’ Marescialli hanno rafforzato l’idea che possa avere riserve sulla legge Pecorella. Anche se altre voci, di giuristi oltre che di politici, hanno invece difeso la legittimità costituzionale della riforma, pure dall’interno del Csm. Giorgio Spangher, ordinario di procedura penale all’università «La Sapienza» di Roma e laico della Cdl a palazzo de’ Marescialli, ha spiegato che le nuove norme accelereranno i tempi dei processi nell’interesse primario del cittadino, non sono in conflitto con il principio dell’obbligarietà dell’azione penale, nè creano una disparità di trattamento tra le parti in giudizio e consentiranno alla Suprema Corte di esprimere il suo giudizio esaminando tutti gli atti del processo e offrendo così maggiori garanzie.
Randazzo è d’accordo in pieno su questa linea. «Si deve escludere - dice il presidente dei penalisti - un intervento di Ciampi su una legge, come quella sull’inappellabilità che applica i principi del giusto processo».
Polemicamente, il leader dell’Unione delle Camere penali si chiede dove possa essere quella eclatante incostituzionalità della legge Pecorella che il Quirinale «non ha constatato neppure con la “ex Cirielli”», contro la quale i penalisti scioperano proprio da oggi fino al 18, per tre giorni. Quella sì, secondo i penalisti, è contro la Carta.
«Tutto il sistema della “ex Cirielli” - attacca Randazzo - è incostituzionale e in contrasto con la funzione rieducativa della pena che, invece, era una scelta lungimirante del legislatore».
Per il presidente dei penalisti la legge che ha rimodulato la prescrizione, inasprendola per i recidivi e accorciandola per gli incensurati, è di «devastante gravità e rappresenta un regresso della nostra civiltà».

Istituisce, infatti, una «giustizia differenziata perché crea tre doppi binari: quello che differenzia le sanzioni secondo la storia personale dell’imputato, quello che dal punto di vista dell’esecuzione della pena sospende i benefici ai recidivi anche di reati minimi, e quello che modifica la prescrizione in presenza di recidivi o di incensurati».
Ma sulla legge Pecorella, che riduce il potere di appello dei pubblici ministeri, Randazzo rivolge a Ciampi una viva esortazione a firmarla.

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