Questo splendido Giro ci ha fatto aspettare parecchio prima di vedere lo scontro tra i big della generale ma, stavolta che le montagne sono di quelle belle toste, le montagne trentine hanno espresso il primo verdetto. Primos Roglic non è al massimo, Geraint Thomas è in condizione ed è un maestro di strategia mentre Joao Almeida ha coraggio, fiato e gambe per giocarsela fino alla fine. Nonostante una bella prestazione, Bruno Armirail è costretto a cedere la maglia rosa dopo due giorni. C’è stato spazio per una lunga fuga, con Ben Healy che racimola parecchi punti nei vari GPM ma quando ci si avvicina alla salita più temuta la fuga si disintegra.
L’ascesa del Bondone vede protagonisti gli uomini di classifica e, nonostante avesse il compagno Kuss a dargli una mano, lo sloveno è quello che ne esce con le ossa rotte. Vittoria meritatissima per Almeida, che ha fatto una corsa quasi perfetta. Maglia rosa altrettanto meritata per Thomas, che ha saputo dosare le forze al meglio ed attaccare nel momento di crisi del rivale. Bella scossa alla generale ma distacchi ancora ravvicinati. Il Giro, insomma, non ha ancora un padrone: esattamente quello che gli amanti delle due ruote si aspettavano. Sarà un finale da non perdersi.
Prima del Bondone, tante salite
Difficile non definire la sedicesima tappa del Giro 2023 come “infernale”. Anche se il meteo sembra finalmente collaborare, doversi sorbire 5852 metri di dislivello in una sola giornata è roba da far tremare i polsi. A rendere ancora più dura la tappa, il fatto che le cinque salite sono concentrate in meno di 140 chilometri, con pendenze da tagliare le gambe. Si parte con il Passo di Santa Barbara al chilometro 76, un’ascesa di prima categoria allo stesso tempo lunga e parecchio ripida. Più gestibili le altre due salite, il Passo Bordala ed il Matassone, che arrivano nel giro di 30 chilometri.
Gli ultimi 50 chilometri che portano all’arrivo in alta quota sono forse ancora più complicati: il GPM di seconda categoria a Serrada si raggiunge dopo 17,7 chilometri alla pendenza media del 5,5%. La discesa non è affatto semplice e, dopo qualche saliscendi, è già tempo dell’ultima ascesa, quella più temuta che porta al traguardo del Monte Bondone. 21,4 chilometri con una pendenza media del 6,7% ma con rampe decisamente più dure. A questo punto del Giro, nessuno è in perfetta forma e quindi le possibilità di incappare in una giornata storta sono parecchie.
Ancora una fuga
Pochi minuti dalla partenza e Christian Scaroni prova subito un’azione con un paio di ciclisti. Riescono a guadagnare una quindicina di secondi ma alla fine il gruppo riesce a riprenderli. Il secondo tentativo è decisamente più fortunato: 17 ciclisti aprono un vantaggio di 41 secondi e vengono seguiti dopo qualche chilometro da altri 9 corridori. Gruppo piuttosto variegato, con Jonathan Milan, Ben Healy, Derek Gee, Jack Haig, Filippo Zana e Carlos Verona tra i più pericolosi. Tempo finalmente bello e temperature quasi estive, tempo quasi perfetto per correre. La prima prova per la fuga è l’ascesa al Passo di Santa Barbara, 12,7 chilometri all’8,3% di pendenza media. I fuggitivi rimangono compatti fino a due chilometri dal GPM, dove riesce ad arrivare primo Ben Healy: il ciclista della EF-Easy Post si porta in testa alla classifica degli scalatori. L’irlandese riesce ad arrivare tra i primi anche sulla Bordala, anche se l’azzurro Davide Gabburo riesce a prendere il primo posto. Dopo la discesa, qualche chilometro in pianura per prepararsi al primo traguardo volante, quello di Rovereto. Da lì in avanti, però, bisognerà pensare al Matassone, la terza salita di giornata.
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Mentre Jack Haig recupera da un problema meccanico, a Rovereto è Jonathan Milan a prendere la vittoria, buona per la classifica a punti. A nove chilometri dal GPM della terza salita, Pronskiy e Scaroni lanciano un altro attacco ed il resto dei fuggitivi li lascia fare. Sivakov soffre parecchio in salita ed il duo dell’Astana si porta a circa 1’26” dalla fuga, con il kazako che batte l’azzurro sul traguardo del Matassone. Healy riesce ad arrivare quarto, prendendo qualche punto di vantaggio sul resto degli scalatori. Qualche goccia di pioggia sulla discesa, ma il gruppo non ha fretta di riprendere i fuggitivi, andando regolare a 5’14” di ritardo. Sulla discesa del Matassone, arriva un nuovo attacco, guidato da Martin Marcellusi, che si porta avanti di 30 secondi ma viene riassorbito dal gruppo. Scaroni ne ha più di Pronskiy, ma il vantaggio nei confronti del resto della fuga è ampiamente sopra i due minuti. Non tantissimo, visto che rimangono da fare due salite durissime ma comunque un’azione molto significativa.
Dalla Serrada al Bondone
Le prime rampe della Serrada vedono una netta frattura nel gruppo, con gli scalatori più competitivi che salutano la compagnia e si lanciano all’inseguimento del duo della Astana, il cui vantaggio rimane più o meno stabile. A parte i fratelli Paret-Peintre, occhio a Jack Haig, Healy, Gee e l’azzurro Filippo Zana. Alle spalle, la Jumbo-Visma inizia ad alzare il ritmo: evidentemente la fuga inizia a preoccupare anche uno come Roglic. Visto che ha la maglia rosa a portata di tiro, Paret-Peintre tira forte per recuperare i due fuggitivi, aiutato dal fratello. I transalpini non sono gli unici a poter guadagnare dall’azione, visto che nel gruppetto degli inseguitori sono molti i corridori che potrebbero giocarsi la vittoria di tappa. Il canadese Derek Gee sembra sofferente ma riesce a stringere i denti. A pochi chilometri dalla vetta l’inseguimento ha successo ed il gruppetto si compatta in vista dello sprint per il GPM di seconda categoria. Alle loro spalle, il gruppo è sempre guidato dai gregari di Roglic e rosicchia quasi un minuto. A 50 chilometri dall’arrivo il tempo di riprendere la fuga non manca di sicuro. Sulla Serrada Carlos Verona della Movistar riesce a battere sul tempo Healy, che si accontenta degli 8 punti per il secondo posto. Molto giudizioso l’irlandese che non spreca energie per cercare di massimizzare la giornata e risparmia le gambe per, magari, provare un’altra azione sul Monte Bondone.
Gli ultimi chilometri di avvicinamento all’ultima salita vedono un netto frazionamento nel gruppo, con la Groupama che riesce a difendere alla grande la maglia rosa di Bruno Armirail. Il vantaggio della fuga si restringe grazie all’azione della Jumbo-Visma, con Roglic a metà del gruppo a risparmiare le forze. Verona e il campione d’Italia Zana provano un’azione solitaria, staccando di qualche minuto i compagni di fuga, per poi venire raggiunti qualche chilometro più avanti da Paret-Peintre, Konrad, Swift ed altri. Con gli otto ancora avanti di un paio di minuti, la UAE Team Emirates dà il cambio alla Jumbo per mantenere alta la pressione sui fuggitivi. Uno dopo l’altro si fanno da parte i gregari, lasciando spazio solo ai capitani, con Roglic e Thomas pronti a colpire nel finale. Nonostante una crisi di qualche minuto, Armirail rimane comunque a distanza di tiro. Sulle rampe più dure del Bondone, però, l’azione dei fuggitivi è molto più legnosa ed il vantaggio precipita a vista d’occhio.
Une motivation que seule la Maglia Rosa peut vous donner. Bravo Bruno !
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Thomas attacca, Roglic non ne ha
A nove chilometri dall’arrivo, la fatica inizia a farsi sentire e sono parecchi a mollare il colpo, da McNulty a Pinot, fino ad Armirail, che arriva a perdere quasi 50 secondi. Davanti resistono solo in tre, Jack Haig, Filippo Zana e Carlos Verona ma quel che rimane del gruppo è davvero vicino. Sulle stradine di montagna è ormai una guerra d’attrizione, dove l’importante è solo resistere e non beccare ritardi importanti. La crisi della maglia rosa è seria, tanto da far passare il comando virtuale sulle spalle di Geraint Thomas ma da qui al traguardo potrà succedere ancora di tutto. Alla fine, in avanti ci sono tutti i migliori, da Roglic a Thomas, Dunbar, Kuss ed Almeida. Alle loro spalle, Caruso fatica non poco a tenere il passo, scivolando indietro di una trentina di secondi. Situazione ideale per lo sloveno, l’unico ad avere un compagno di squadra per schiantare i rivali nei 6 chilometri rimasti. La pioggia complica un attimo le cose ma Almeida non se ne preoccupa e prova a staccare i compagni. Roglic approfitta del lavoro di Kuss e rimane in coda al gruppetto, con il portoghese che continua a salire con regolarità, senza però guadagnare molto.
Ai cinque chilometri Thomas capisce che lo sloveno non è al meglio e saluta la compagnia, passando anche Almeida. Kuss aspetta il compagno di squadra ma la pedalata è parecchio problematica. Nel giro di pochi minuti, il distacco del gallese sale notevolmente mentre Roglic non riesce a cambiare passo. Gli ultimi chilometri della tappa sono una sofferenza per lo sloveno, con la coppia di testa che viaggia stabilmente sopra i 30 secondi di vantaggio. Crisi pesante quella del favorito per la vittoria, visto che Almeida e Thomas lavorano bene assieme per accumulare quanto più vantaggio possibile sui rivali. Con l’aiuto di Kuss, lo sloveno riesce ad evitare il tracollo ma, ormai, per la vittoria è duello tra i due di testa. Sul traguardo le energie rimaste sono poche ma Almeida parte prima, resiste al tentativo di rimonta del gallese e vince a braccia alzate. Alle loro spalle, Roglic riesce a chiudere terzo limitando il distacco a 25”.
Grande prova quella del portoghese, coraggioso e tenace quanto basta. La maglia rosa torna sulle spalle di Geraint Thomas ma questo Giro non ha ancora un padrone. I prossimi giorni saranno imperdibili.Classifica di tappa e generale
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