Cile, centinaia di morti potevano essere evitati

La scoperta dopo due giorni: la Marina aveva sottovalutato l’allarme tsunami. I testimoni: "Ci eravamo rifugiati sulle colline ma la polizia è venuta e ci ha detto di scendere che non c’era pericolo. Invece decine di persone sono sparite sotto le onde"

Cile, centinaia di morti potevano essere evitati

Madrid - Uno scenario terribile prende a poco a poco forma nella regione centro-meridionale del Cile, la più colpita dal durissimo sisma di 8.8 gradi Richter. Il maremoto, che la Marina aveva escluso, ha devastato la costa 20 minuti dopo il terremoto, cancellando intere cittadine, provocando centinaia di morti ed un numero indefinito di dispersi. I soccorsi si sono mossi con lentezza e la distribuzione di cibo è iniziata in grande scala solo ieri pomeriggio. Lo sciacallaggio nei negozi e nelle case distrutte ha costretto il governo a imporre domenica notte il primo coprifuoco dal tempo della dittatura di Pinochet e, paradossalmente, ha obbligato i terremotati a trascorrere la notte nelle loro case. La psicosi si è poi impossessata di molti cittadini spaventati e inferociti che, nel pieno della notte, hanno acceso fuochi ed hanno organizzato ronde per difendersi dai ladri.
Il centro del disastro sono le due regioni del Maule e del Biobío. Tragici i racconti raccolti ieri dalla Tv de Chile, arrivata nelle località costiere in alcuni casi prima dei soccorsi.

«Siamo abituati ai terremoti e appena lo abbiamo sentito siamo scappati sulle colline», ha raccontato Juan Pablo, residente nella località di Dichato (Biobío), una importante località balneare. «I carabinieri però sono passati a dire che non c’era alcun allarme tsunami e siamo riscesi in paese», ha continuato l'uomo, che è stato sorpreso dalle onde anomale e si è salvato correndo. «Ho visto decine di persone sparire», raccontava in lacrime, «macchine con famiglie intere trascinate in mare». Lo scenario attorno a lui era apocalittico. La città è stata letteralmente cancellata per l'85%, fino a 300 metri dalla costa. Le barche sono finite sulle colline, mentre le case galleggiano in mare. All’appello mancano decine di famiglie e non ci sono le sufficienti autorità per accertare i decessi.

Peggiore la situazione nella località costiera di Costitución (Maule), di 50 mila abitanti, dove sono stati ritrovati per ora 300 corpi, mentre non vi è cifra dei dispersi. Paesini più piccoli come Pelluhue (Maule, 6mila persone), sono scomparsi fino a un chilometro e mezzo dalla spiaggia. Gli abitanti vagabondavano ieri come fantasmi tra le macerie e il fango di località letteralmente messe sottosopra, con locomotive finite in riva al mare o chiatte da fiume atterrate su case a centinaia di metri nell’interno.

Il ministro della Difesa Francisco Vidal ha ammesso che la Marina «ha commesso un errore di previsione», scartando la possibilità di tsunami, e condannando involontariamente molti abitanti della costa ad essere travolti dalle onde, arrivate 20-30 minuti dopo il sisma. L’ultimo bilancio ufficiale rilasciato ieri parlava di 723 morti e 19 dispersi, ma sembra destinato a salire.

Nell’entroterra delle due regioni continuava invece ieri la corsa contro il tempo per salvare le persone schiacciate sotto gli edifici che, il linea generale, hanno però resistito grazie alla loro struttura antisismica. I pompieri cercavano ieri sera vita nell’appartamento 206 della palazzina di 15 piani crollata nel centro di Concepción, la seconda città del paese. Sono per ora 8 i cadaveri estratti dall’edificio, 22 le persone tratte in salvo, ma 42 quelle che mancano all'appello.
Nel frattempo i violenti saccheggi - avvenuti soprattutto nel Biobío - hanno costretto la premier Bachelet a spiegare 10mila soldati e a stabilire il coprifuoco, esteso ieri notte dalle 9 di sera fino alle 6 della mattina. La polizia e l’esercito hanno arrestato domenica notte 55 persone durante il coprifuoco a Concepción, dopo il centinaio già arrestato di giorno. Nel centro i saccheggi sono comunque continuati anche ieri, ed interi negozi di elettrodomestici sono stati ripuliti.
Dopo le critiche ricevute, la premier Bachelet ha fatto appello ieri all’Onu, chiedendo soprattutto ponti mobili, generatori, desalinizzatori, ospedali da campo e materiale per sale operatorie. Intanto il capo dipartimento della Protezione civile, Bertolaso ha detto: «Noi abbiamo dato la nostra disponibilità a intervenire».

I danni nel Paese potrebbero ammontare, secondo la Camera di commercio

di Santiago, a 30 miliardi di dollari. Le località della costa impiegheranno anni per risorgere dal fango. Per ora però, alla fine dell’estate australe, i cileni chiedono solo che il tempo regga, e non inizino le piogge.

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