Cinema e arte, il nuovo volto della Biennale

I l primo atto formale del suo ministero Lorenzo Ornaghi l’ha compiuto ufficializzando la conferma di Paolo Baratta alla presidenza della Biennale di Venezia. Anche se la nomina dovrà rispettare l’iter del parere delle commissioni di camera e senato, l’esito è scontato. Baratta succederà dunque a se stesso per il terzo mandato - secondo consecutivo - e resterà in carica fino al 2014. Logico che un governo di tecnici, simile a quelli in cui Baratta prestò servizio negli anni ’90 ed espressione di Giorgio Napolitano, abbia deciso per la continuità.
Sono tanti i nodi da risolvere e con una certa urgenza. Il primo riguarda la scelta del nuovo direttore della mostra del cinema che quasi certamente non sarà più Marco Müller, uno dei pochi a non aver firmato l’appello pro-Baratta quando Galan gli aveva preferito Giulio Malgara. Rumors veneziani sostengono che il presidente se la sia legata al dito e che stia seriamente pensando di richiamare al Lido il suo pupillo Alberto Barbera, numero uno del Museo del Cinema di Torino, che aveva già ricoperto la direzione tra 1998 e 2002. Secondo Baratta, Barbera è il miglior talento critico e organizzativo presente in Italia, serio e affidabile, ma l’interessato nega un contatto: «Non sarei disposto a tornare indietro, sono felice di dirigere il Museo del Cinema al riparo dalla provvisorietà e dall’aleatorietà dei grandi eventi. Ho organizzato festival per vent’anni, conosco la folle competizione tra mostre internazionali, in particolare a Venezia ho imparato molto ma sono impegnato in un progetto di stabilità che attualmente mi stimola di più». Visto che i rapporti tra Müller e Baratta sono tesi, e al netto del rifiuto dell’altro candidato in pectore, Gianni Canova, la partita è apertissima. Prima, in ogni caso, andrà costituito il nuovo cda, che decade il prossimo 18 dicembre. Il prossimo sarà composto, oltre che dal presidente Baratta, dal sindaco di Venezia Orsoni, dal presidente della Regione Veneto Zaja o da un suo delegato, dalla presidente della Provincia di Venezia Zaccariotto o da un suo delegato e da un membro indicato dal ministero dei Beni Culturali che sostituirà Giuliano da Empoli. Si prevede che dopo l’Epifania il cda entri in carica.
Successivamente dovranno essere scelti i direttori delle sezioni teatro, danza, architettura e arte, mentre il ministero dovrà esprimersi sui rispettivi del Padiglione Italia. Le indicazioni dei mesi scorsi, quando a via del Collegio Romano sedeva Giancarlo Galan, era di «italianizzare» il più possibile le nomine veneziane, a dimostrazione della fine della sudditanza nei confronti degli stranieri, ma non sappiamo se Ornaghi intende muoversi in questa direzione. Quel che invece appare sicuro è il progressivo abbassamento dell’età media dei direttori, soprattutto per ciò che riguarda l’arte. Il gran movimento di questi giorni nei musei italiani, con l’individuazione di quaranta-cinquantenni in grado di occupare posti di responsabilità, è la sfida che Venezia vuole lanciare al mondo. Sull’agenda del precedente ministro erano sottolineati i nomi di curatori con una forte presenza territoriale, come Luca Massimo Barbero (ex direttore del Macro di Roma, bruciato sul filo di lana per la corsa al Mart di Rovereto da Cristiana Collu) e Angela Vettese (già responsabile della Fondazione Bevilacqua La Masa).

Il profilo più accreditato appare però quello di Massimiliano Gioni, chief curator al New Museum di New York e alla Fondazione Trussardi, mentre il successore di Vittorio Sgarbi al Padiglione Italia sarà certamente una figura meno mediatica e più di sistema, coerente al mood grisaille del governo Monti.

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