Cinema

"Confidenza", thriller luculliano che lascia a bocca asciutta

Il vincolo di un patto confidenziale diventa dannazione in un film potente, fondato sul dettaglio e sull'ambiguità ma che alla lunga seduce un po' a vuoto

"Confidenza" di Luchetti, thriller luculliano che lascia a bocca asciutta

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"Confidenza" di Luchetti, thriller luculliano che lascia a bocca asciutta

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Con il film Confidenza, in uscita oggi al cinema, Daniele Luchetti adatta per la terza volta un romanzo di Domenico Starnone, dopo “La scuola” (1995) e “Lacci” (2020).

Il sodalizio prosegue non solo con lo scrittore ma anche con Elio Germano, suo attore feticcio che qui è ancora una volta protagonista.

La trama fa venire in mente una celebre frase di Gabriel Garcia Márquez, “tutti gli esseri umani hanno tre vite: una pubblica, una privata e una segreta”, ed è proprio la vita nascosta ad essere al centro del racconto; nella fattispecie quella di un professore di lettere, Pietro Vella (un inarrivabile Elio Germano). In un flashback che va a coincidere quasi con l’intero minutaggio, “Confidenza” ripercorre la vita di quest’uomo a partire dall’ultimo anno di liceo della sua alunna Teresa (la bravissima Federica Rosellini).

Il docente è carismatico ed empatico al punto giusto, il che lo rende molto amato dai suoi studenti, in particolare dalla più dotata intellettualmente tra loro, Teresa appunto, che sembra avere una cotta per lui ma, una volta diplomata, perde di vista i traguardi cui sembra destinata. Pietro viene a sapere che l’ex allieva fa la cameriera dopo aver abbandonato l’università. Quando allaccia con la giovane una relazione, torna a farle da guida e la porta alla laurea. Un giorno però le cose cambiano. Teresa sfida il compagno a raggiungere un più profondo grado di intimità, suggerendo di rivelarsi a vicenda “un segreto così orribile che, se si sapesse, distruggerebbe per sempre la vita”. Una richiesta spavalda che ottiene soddisfazione; peccato che una volta udito quello di Pietro la ragazza decida di andarsene. Negli anni successivi lui si sposa con Nadia (Vittoria Puccini), insicura professoressa di matematica che lo rende poi padre, mentre lei diventa un talento della matematica in forza oltreoceano ma celebre in tutto il mondo.

Pietro, pur non dotato di un talento cristallino come quello della geniale ex fidanzata, riesce ad emergere ed effettua una sua scalata professionale collaborando col Ministero e pubblicando un libro sui problemi della scuola. Sembra un uomo arrivato, ha anche una ricca editrice (Isabella Ferrari) che lo ricopre di attenzioni; eppure a tormentarlo è la spada di Damocle che da qualche parte ci sia qualcuno a conoscenza della sua vera natura. Teresa, del resto, sembra divertirsi a tenere viva questa preoccupazione: periodicamente ricompare nella sua vita con l’apparente desiderio di annientargliela.

La tensione in “Confidenza” è costante ma gli accadimenti estremi cui ci abitua l’incipit del film si rivelano quasi sempre paranoiche allucinazioni. Per un po’ questo meccanismo del promettere e non mantenere crea un gioco di attese miste ad ambiguità che è galvanizzante; alla lunga però quello che è il pregio del film, ovvero la costruzione di un tessuto di aspettative impreziosito da continui rimandi simbolici e tracce di significati ulteriori, diventa il suo tallone d’Achille. La costruzione narrativa poggia sul punto di vista che Pietro ha della realtà, una soggettività che permette a Luchetti di creare false piste e lasciare sempre che il non detto resti tale. Tutto ciò aggiunge fascino in versione letteraria ma, una volta su grande schermo (l'adattamento è di Francesco Piccolo), il lusso di confondere seduce fino a un certo punto. Soprattutto alla luce del finale, “Confidenza” rischia di venir giudicato, a ritroso e dallo spettatore meno smaliziato, come un girare a vuoto complesso e oscuro, un giallo che reitera situazioni labirintiche senza produrre alcuna risoluzione soddisfacente.

Ciò detto Luchetti firma un'opera cinematografica di livello, che resta l'interessante e curato il ritratto di un uomo consacratosi al diktat quanto mai attuale di sembrare migliori di quel che si è.

Perturbante e poetica la colonna sonora affidata a Thom Yorke dei Radiohead.

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