Uscito nel 1998 e tratto dai racconti contenuti nella raccolta Fuori e dentro il borgo, Radiofreccia è la pellicola che va in onda questa sera alle 21.15 su La7d e che rappresenza il debutto alla regia del cantante Luciano Ligabue, che è autore anche della raccolta di racconti nonché del brano omonimo.
Radiofreccia, la trama
È l'estate del 1993 e Bruno (Luciano Federico) è uno speaker che annuncia ai suoi ascoltatori che Radiofreccia sta per chiudere. La voce che parla al microfono è malinconica e da essa si dipana un lungo flashback che racconta la storia di Radio Raptus e di come si sia trasformata in Radiofreccia. Lo spettatore viene allora gettato indietro, al 1975, in un piccola cittadina reggiana dove il giovane Bruno decide di aprire una radio insieme agli amici Tito (Enrico Salimbeni), Iena (Alessio Modica), Boris (Roberto Zibetti) e Freccia (Stefano Accorsi), che sta affrontando anche una sua battaglia personale come tossicodipendente. Radio Raptus continua a crescere in fatto di ascolti e consensi, ma la vita dei protagonisti, che si raccontano davanti al barista Adolfo (Francesco Guccini), sono piene di sfide, tradimenti e tragedie. E anche la radio, forse, non è più quella di un tempo.
Il debutto di Luciano Ligabue
Esiste da sempre un pregiudizio che accompagna tutti gli artisti o i professionisti dello spettacolo che tentano di fare un salto nel vuoto, passando da un media a un altro, da una forma d'arte all'altra. Uomini di spettacolo che si "improvvisano" scrittori, cantanti che tentano la carriera di attori, scrittori che diventano opinionisti. Dietro questi "passaggi" il pubblico avverte sempre una nota stonata e si è spesso spinti a pensare che queste incursioni in campi del tutto nuovi non sia supportato da un effettivo talento o da una comprovata capacità, ma solo dalla fama o da una ricchezza che permette di saltare nel vuoto sapendo di avere sempre un paracadute a portata di mano. Possibile che quando Luciano Ligabue abbia deciso di abbandonare la sua vita "tra palco e realtà" per nascondersi dietro il corpo di una macchina da presa abbia messo in conto anche questa possibilità.
Quella, cioè, che pubblico e critica avrebbero odiato il suo film a priori, solo perché era un cantante a realizzarlo, qualcuno cioè che non aveva nulla a che vedere col cinema. Invece, inaspettatamente, Radiofreccia ottenne un buon riscontro sia da parte della critica che da parte del pubblico, che ancora oggi lo incorona come un piccolo cult della cinematografia italiana degli anni Novanta. Come si legge su Coming Soon, il film è stato insignito anche di molti riconoscimenti, tra cui il Nastro d'Argento, il Globo d'Oro, il David di Donatello e il Ciak D'Oro. Un successo che forse si può spiegare dalla consapevolezza che Ligabue ha messo in campo: perché Radiofreccia è una pellicola che parla di una materia su cui Ligabue, a prescindere dai gusti personali di ognuno, è preparato. La musica. Nel raccontare la crisi dei giovani degli anni Settanta, che sentono il bisogno di costruire un mondo dove far sentire anche la voce degli esclusi, la pellicola racconta l'importanza della musica, il suo peso specifico come terapia quotidiana, che permette di lenire le ferite ma anche di gridare il proprio dolore.
Questa narrativa, perfettamente rappresentata dalla periferia scelta da Ligabue, unita anche all'ottimo lavoro svolto dal cast ha fatto sì che Radiofreccia resistesse alla prova del tempo e continuasse a vivere come piccolo gioiello della settima arte, confermando anche il talento di Luciano Ligabue come regista.
E proprio di questa esperienza ha parlato il rocker stesso, in un'intervista riportata da La gazzetta del Mezzogiorno, in cui ha detto: "Io credo che fare il regista sia una cosa molto lontana dalla mia natura. La musica è un’esperienza più immediata. Il cinema ha a che fare con i filtri, con la progettazione, e quelli non sono i miei modi. Però ho sentito che era un’offerta che non potevo rifiutare."- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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