Tutti gli uomini del presidente è il film diretto da Alan J. Pakula che va in onda questa sera alle 23.23 su Iris. Come si legge su Coming Soon, la pellicola si basa sul saggio omonimo scritto da Bob Woodward e Carl Bernstein nel 1974 che racconta proprio l'inchiesta che poi tutto il mondo avrebbe conosciuto con il nome di Scandalo Watergate.
Tutti gli uomini del presidente, la trama
L'anno è il 1972 e una sera che sembra uguale a tutte le altre cinque uomini vengono fermati all'interno della sede del Partito Democratico di Washington, in uno degli edifici che fa parte del complesso Watergate. Il giorno dopo Bob Woodward (Robert Redford), giornalista del Washington Post, si reca in tribunale per poter seguire l'udienza e scriverne successivamente. Scopre in questo modo che uno degli uomini fermati è in realtà un agente della CIA. Questa scoperta lo induce a pensare che ci sia un qualche legame tra l'arresto e la campagna elettorale che dovrebbe portare alla rielettura del Presidente Richard Nixon. È della stessa opinione anche il collega Carl Bernstein (Dustin Hoffman) che decide di indagare sulla questione. Sebbene il caporedattore del Washington Post (Martin Balsam) avrebbe preferito affidare l'indagine a giornalisti con maggiore esperienza, il responsabile della cronaca locale (Jack Warden) insiste affinché siano proprio i due giovani giornalisti a indagare per cercare di capire cosa sta accadendo ai vertici della politica statunitense. Sfidando l'omertà dei colleghi giornalisti e facendo affidamento su una misteriosa fonte denominata Gola Profonda (Hal Hollbrook), i due giornalisti cercheranno di far luce sugli eventi che porteranno poi a uno dei più grandi scandali della storia degli Stati Uniti.
Lo scandalo Watergate
Tutti gli uomini del presidente racconta una storia vera, che ha lasciato una traccia indelebile nella storia degli Stati Uniti e del Partito Democratico statunitense. Nella ricostruzione fatta da History, si legge di come lo Scandalo Watergate sia effettivamente iniziato la mattina del 17 giugno 1972, quando diversi ladri vennero arrestati nel complesso Watergate, a Washington D.C., nella sede del Partito Nazional Democratico. Non si trattava di un semplice furto, dal momento che la refurtiva era collegata alla campagna per la rielezione del Presidente Richard Nixon. Proprio il Presidente fece del suo meglio per insabbiare questo tentativo di furto di documenti e telefoni, ma ben presto si trovò a scontrarsi con l'indagine del Washington Post condotta da Bob Woodward e Carl Bernstein.
Quando ci fu l'irruzione dei ladri nella sede di Watergate, lo stato d'animo degli americani non era dei più lieti. Gli Stati Uniti erano incastrati nella Guerra del Vietnam, che stava portando a tantissime perdite umane e a pochi risultati. Nixon, dunque, aveva bisogno di una grande campagna elettorale per poter essere rieletto e questo lo portò a una campagna che, sempre secondo History, sfociò in uno spionaggio illegale. Il tentato furto del 1972 non fu immediatamente collegabile al presidente in carica, ma il sospetto è cominciato a circolare quando, tra gli effetti personali dei ladri, sono stati trovati copie del numero di telefono della Casa Bianca a cui rispondenvano i responsabili del comitato per la rielezione di Nixon.
Nell'agosto successivo il presidente fece un discorso in cui annunciava che nessuno del suo staff era coinvolto nell'irruzione al Watergate. La sua oratoria fu talmente convincente che la maggior parte dei cittadini gli credette, portandolo a essere rieletto nel novembre del 1972. A quel punto, però, erano già molti a sospettare di Nixon: non solo i giornalisti del Washington Post, ma anche il giudice John J. Sirica e alcuni membri della commissione investigativa del Senato. La situazione cambiò quando alcuni dei "cospiratori" cominciarono ad avvertire il peso dell'insabbiamento e i rischi a cui andavano incontro. In questo clima di terrore si fece avanti l'informatore poi noto con il nome di Gola Profonda (Deep Throat, in lingua originale), che fornì informazioni di vitale importanza a Woodward e Bernstein. Si venne così a sapere che Nixon registrava tutte le conversazioni che avevano luogo nello Studio Ovale. Per il presidente, allora, iniziò una disperata lotta per mantenere segreti i suoi nastri che andò avanti per tutto il 1973.
Tra coloro che chiedevano la diffusioni di questi nastri che, secondo alcuni testimoni, avrebbero inchiodato Nixon, c'era anche Archibald Cox, un procuratore indipendente. Quando quest'ultimo rifiutò di smetterla di chiedere i nastri, Nixon decise di farlo licenziare. Qusta decisione portò a quello che poi divenne noto come il Saturday Night Massacre: per protesta contro un licenziamento ingiusto, tantissimi ufficiali del Dipartimento di Giustizia decisero di dare le dimissioni. Questo portò Nixon a consegnare solo una parte dei nastri con le registrazioni. All'inizio del 1974 tutti gli sforzi fatti per insabbiare e ostacolare l'indagine del Watergate cominciarono ad andare a pezzi. Il 1 marzo un Gran Giurì nominato da un nuovo procuratore spciale portò all'incriminazione di sette ex assistenti di Nixon, collegati a varie accuse legate all'affaire Watergate. A luglio la Corte Suprema ordinò a Nixon di consegnare tutti i nastri: Nixon cercò comunque di guadagnare tempo e così la commissione giudiziaria della Camera votò per mettere sotto accusa il Presidente con le accuse di ostruzione alla giustizia, abuso di potere, insabbiamento con fini criminali e altre varie violazioni alla Costituzione.
Il 5 agosto 1974 Nixon fu allora costretto a consegnare i nastri che fornivano prove incontrovertibili della sua complicità nei crimini di Watergate. Di fronte alla certezza della richiesta dell'impeachment da parte del Congresso, Nixon decise di dimettersi l'8 agosto, cadendo in disgrazia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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