Un ventennio di regime erotico da "Playboy" a Pozzetto. Ma girare nuda non le piaceva

L'elogio-dichiarazione di Alberto Lattuada. Come monaca di clausura converti molti

Un ventennio di regime erotico da "Playboy" a Pozzetto. Ma girare nuda non le piaceva
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Buio, cinema di paese, appare lei, bionda, bella, occhi celesti, sopratutto, innanzitutto NUDA. Anni meravigliosi, sogni pure quelli di meraviglia, di stupore dinanzi a tanta roba, si direbbe oggi volgarmente. Basterebbe rileggere lo scritto che Alberto Lattuada, di Lei invaghito come di altre mille attrici, le concesse nel libro «Sono pazzo di Giorgia», titolo poi corretto in un improbabile L'occhio di Dioniso. La lettera diceva Dichiarazione d'amore a Eleonora Giorgi e, guarda caso, fu pubblicata su Playboy nel dicembre del 1975, quando la Giorgi aveva ventidue anni: «La natura ha messo insieme una forma adorabile. Lo scultore celeste ha impresso sopra le natiche le due fossette che sono il segno della soddisfazione di una creazione di marca. Qualcosa come si vede sulle ceramiche rare, uno stampo, un contrassegno della qualità. Così possiamo percorrere il suo corpo interamente, con l'innocenza che il nudo ispira per il suo richiamo a un'essenza primaria».

Parole adatte al tempo ma che oggi provocherebbero un mi-tuismo immediato, indignato. Oltre la furba e interessata allure poetica del regista di Vaprio d'Adda, va ribadito che Eleonora Giorgi era oggetto di desiderio niente affatto misterioso. Uscivi dal cinematografo e potevi ritrovarla sulle copertine di Playboy, a cavallo di una motocicletta, sui poster di Playmen, comunque sempre svestita come nei suoi primi film che portarono a definirla «lolita perversa».

In verità, fu la stessa Eleonora a confessarlo, il corpo nudo faceva parte delle sue abitudini di famiglia, ma se nei luoghi domestici era naturale, sul set cinematografico si trasformava in un gesto meccanico, di puro acchiappo per noi abituati a osservare dal buco della serratura non il mondo ma molto di più interessante e provocante. La stessa attrice cercò poi di spiegare ciò che stava accadendo nel sistema della cosiddetta settima arte: «Nel cinema contemporaneo se non ti spogli completamente vieni buttata fuori dal giro, non lavori più. Io non tengo per niente a mostrarmi nuda ma lo devo fare necessariamente e per avere detto no a una decina di soggetti in cui mi sarei dovuta spogliare, sono stata un anno senza lavorare». Il lavoro non le mancò, per fortuna sua e della folla di sognatori o, slittando, detti voyeurs, guardoni, allupati. I film con Pozzetto o con Verdone la trasformarono da feticcio da sbirciare in donna da vedere e ascoltare ma restavano i ricordi, le fotografie, i ritagli di scuola, i migliori anni della nostra curiosità anche morbosa senza che nessuno provasse scandalo.

La svolta nel femminismo non ha poi affatto cambiato la bellezza di Eleonora Giorgi, anzi la maturità, non soltanto anagrafica, l'ha resa ancora più donna da desiderare e qui già prevedo l'accusa di sessismo.

Ma che volete saperne voi che non l'avete vista, vestita, massì, da suor Agnese del Gesù in Storia di una monaca di clausura. Uscimmo dalla sala vogliosi di farci monaci.

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