"Cleme’ buttali giù". L’urlo di San Pietro fa piangere Mastella

L’ex Guardasigilli in Vaticano per il Papa viene acclamato dalla folla dei Papa boys. Una suora lo avvicina: stiamo pregando per lei. E scattano le lacrime: non sono un boss

"Cleme’ buttali giù". L’urlo di San Pietro fa piangere Mastella

Roma - "Clemente, buttalì giùùùùù!!!!!". Una giornata su e giù per l’Italia, sparato come la pallina di un flipper. La mattina a Ceppaloni, a mezzogiorno all’Angelus di Benedetto XVI, poi di nuovo a Ceppaloni, poi a San Nicola Manfredi, a Benevento, davanti alle case degli amministratori dell’Udeur colpiti dai provvedimenti restrittivi della magistratura. E meno male che si era imposto un momento di pausa. Una giornata che inizia nel freddo pungente della mattina nel Sannio, con un dubbio atroce che lo attraversa («Che accoglienza avrò, a Roma»?). E che si compie prima e dopo il discorso del Papa con un imprevedibile bagno di folla. Mastella entra in piazza San Pietro accompagnato dal cappotto cammello dell’amico Carlo Rossella - ex direttore del Tg5 e presidente Medusa - che lo avvolge con la sua solidarietà, alternando le professioni di fede per il Pontefice gridate a squarciagola («Oh, Viva il Papàààaaaa!») a quelle di antipatia per il procuratore dell’inchiesta Mariano Maffei ripetute con sarcasmo («Ma che, ancora gli date retta a quello? Dopo Matrix si sarebbe dovuto sotterrare, un cialtrone!»).

Una giornata segnata da quella mattinata passata in piazza tra i Papa boys, che lo ha caricato come una molla. Qualcuno pensava che magari poteva scapparci una contestazione, e invece alla fine Clemente ha trovato i ragazzini che si fanno la foto con il cellulare e la digitale vicino a lui, le vecchine che gli danno la loro benedizione, e persino due diversi gruppi di suore che gli testimoniano la loro solidarietà così: «Onorevole Mastella, stiamo dicendo le preghiere per lei». Caspita. Alle ore 12.20, quando la sorella in tonaca azzurra si fa ambasciatrice del gruppetto che è con lei in piazza, Mastellone quasi crolla al tappeto per l’emozione. Improvvisamente si mette a tirare su con il naso, si asciuga gli occhi, poi si commuove davvero rivolgendosi ai giornalisti e a Rossella: «Ma avete visto che nel gruppo c’erano anche delle sorelle africane? E secondo voi queste si mettono a pregare per un boss corruttore?». Ma il vero fatto politico, annunciato da grida sporadiche fin dall’ingresso, si compie quando l’ex Guardasigilli esce dalla piazza, avvistato e inseguito dal popolo ratzingeriano in Borgo Pio. È come un fiume che gli cresce alle spalle, man mano che la folla si dirada, e la mole di Mastella recupera visibilità. Lo salutano da lontano le comitive in piedi sul colonnato, c’è una vecchina che si aggrappa alla non proprio sobrissima sciarpa viola, c’è uno che grida: «Non ti voto ma ti ammiro!». E subito dopo, passo dopo passo, nella fiumana di quelli che defluiscono dall’Angelus inizia a salire una sorta di coro, una pioggia di inviti, di invocazioni: «Clemente, tira giù il governo!!!», «Mastè! Mandali a casaaaa....». «A Casa! A casa!». Buttali giùùùùùù», «Liberaci da Proooodi!», «Libera Sandra!», «Pensaci tu» e il non proprio compassionevole «Massacraliììì». Una sequenza che pare partorita dalla penna di qualche sceneggiatore di cinema (Rossella non c’entra) e che finisce quasi per imbarazzarlo quando i giornalisti gli domandano a bruciapelo: «Sembra che tutti qui la vogliano fuori dall’Unione». E lui, roteando le pupille: «Sapete, l’ho detto e l’ho ripetuto... questo per me è il momento della famiglia, le scelte politiche verranno dopo».

Sarà pure il momento della famiglia, ma è anche vero che è proprio la famiglia che è diventata il vero motore del contropiede mastelliano. Ieri mattina, mentre l’ex ministro andava da Papa Benedetto, a presidiare Ceppaloni restavano i figli Pellegrino ed Elio e la leader dei giovani Roberta Gasco. Prima a messa a Ceppaloni, e poi subito indaffarati a mettere a punto l’ultima trovata del «comitato spontaneo permanente per Sandra Libera», la Moka mastelliana. Ormai la villa rosso pompeiano di San Giovanni si è trasformata in una sorta di set militante, una ribalta mediatica. C’è la parabola di Sky sempre attendata con l’inviata permamente del Tg - Francesca Cersosimo - c’è il gazebo della «madri di plaza Lonardo» con le bandiere arancioni del Campanile. E ci sono i messaggi di mobilitazione mandati per sms. L’ultima idea, perlappunto, è «Una caffè per Sandra», con mescita di ristretti (o, a scelta, di camomille) per tutti quelli che domani continueranno ad affluire davanti alla casa dell’ex ministro («Finiremo - assicura la pasionaria Marinella - solo quando la libereranno»). La Moka-strategy inizia stamattina, e il regista di tutte queste mobilitazioni continua ad essere il figlio Elio, che ha ingaggiato persino un giovane filmaker per immortalare le sequenze forti di queste ore con l’obiettivo di mettere tutto su Youtube. È sempre Mastellino che ha iniziato il padre alla rete («Papà, il video con Maffei è già a 28mila contatti, adesso hanno messo su anche un rap, ogni volta che lo vedono guadagni un punto di consenso!»). E non è un caso che Mastella ripeta in ogni piazza: «Andate su Iutùb a vedervi i giudice-macchietta!».

Così se Mastellino cura la «propaganda» innocentista, Mastellone anima le folle in giro per il Sannio, propizia comizi spontanei come quello di Silvia Ullo, moglie del sindaco di Benevento Fausto Pepe (anche lui ai domiciliari) che ha impugnato il microfono, si è commossa parlando, e poi ha concluso «Scusatemi, sono sconvolta, non ricordo più nemmeno quel che ho detto», sommersa dagli applausi. Chiamale, se vuoi, emozioni. Non farà politica, certo, Clemente (nel senso che ancora non ha deciso se e quando molla il governo), ma intanto è impegnato in una guerriglia senza tregua con i suoi nemici. Dice sull’esecutivo: «Pecoraro dovrebbe dimettersi prima di andare in Senato». Aggiunge sulla polemica di Ratzinger all’Università: «Prodi e D’Alema avrebbero dovuto scusarsi!». Serve di barba e capelli il veltroniano Goffredo Bettini (presidente del Festival di Roma) che lo chiama «lottizzatore»: «Già, lui deve essere uno scienziato del cinema... Perché non chiede al suo uomo di Caserta da dove vengono le intercettazioni che parlano di camorra?».

Mastella alza il tiro: «O il Pd fa dimettere De Franciscis (presidente della provincia di Caserta, suo grande nemico) o è rottura» sfotte Veltroni («Da solo alle urne? Sì, come De Coubertin!»). Insomma, dice che non fa politica, Mastella, ma la fa - dalla Moka alla rete - con nuove armi non convenzionali: «Sono della Casta? Sì ma di quella che si dimette». E tutti sanno quanto gli costi.

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