Cofferati vittima della legge del contrappasso

Mario Palmaro

Uno, nessuno e centomila. La vicenda che ha per protagonista Sergio Cofferati, oggi sindaco di Bologna e ieri segretario della Cgil, sarebbe piaciuta molto a Luigi Pirandello. Perché sembra dare ragione all’idea per cui il mondo è grande un palcoscenico sul quale ognuno recita una parte, come a teatro. Con la possibilità di cambiare, all’occorrenza, il proprio ruolo. Il caso di Cofferati è emblematico: ci fu un tempo in cui si proclamava il paladino dei diritti dei lavoratori, il duro e puro del sindacalismo italiano, pronto a scendere in piazza a giorni alterni contro il governo (di centrodestra) e a rompere addirittura quella specie di dogma progressista che si chiama «unità sindacale», imboccando strade diverse da Cisl e Uil. Ma le cose cambiano.
E oggi Cofferati-sindaco di Bologna è diventato il manager di una grande città, con il non facile compito di gestire risorse umane. Un modo elegante per dire che - certo per spirito di servizio e non per ambizione, per carità - il nostro uomo si ritrova oggi a sedere dalla parte opposta, nel tradizionale tavolo delle trattative con i sindacati. Così Cofferati ha scoperto il pane duro della responsabilità. Adesso il suo lavoro non è più quello, routinario e scadenzato dalle stagioni, tipico di un leader sindacale: in autunno contestare la Finanziaria; in inverno portare in piazza i metalmeccanici; in primavera lo sciopero per il salvataggio annuale dell’Alitalia; in estate le vacanze. No. Adesso la musica è cambiata. Sei tu, sindaco, che devi far quadrare i conti del comune, che devi trovare le risorse, che devi mettere d’accordo i tuoi alleati. E sono altri a farti le bucce, a insegnarti quello che dovresti fare, e a spiegare alla gente che peggio di te non c’è nessuno.
Così Cofferati sindaco è entrato nel mirino della sinistra che sta alla sua sinistra, e a Bologna ci sono state manifestazioni, incidenti, tafferugli contro il primo cittadino accusato di non rispettare i diritti dei lavoratori. È una storia davvero istruttiva, che ha tutto il sapore agrodolce del nostro bel Paese. Nel quale la legge del contrappasso dantesco è sempre in agguato, e dovrebbe suggerire a tutti maggior prudenza, quando si giudica l’operato del prossimo. Invece, prevale la logica della giungla: se sei un sindacalista devi mangiarti «il padrone»; se sei all’opposizione devi mangiarti il governo; se hai una piccola fetta di potere devi schiacciare i tuoi sottoposti.

Sarebbe bello che ogni tanto i protagonisti del nostro palcoscenico politico provassero a fare come il principe di quella celebre favola: provassero cioè a vestire almeno per qualche ora i panni del proprio antagonista, e a tentare di immergersi nel suo personale punto di osservazione. Un sindacalista scoprirebbe, ad esempio, che spesso un piccolo imprenditore assomiglia più a una vittima che a un carnefice. Forse in queste ore Cofferati comincia a capirlo.

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