Forse in Italia, oltre a quella dei cervelli, comincia a profilarsi anche la
fuga dei golfisti. E qui si parla, naturalmente, dei giovani.
Federico Colombo, nato a Giussano (Milano), dove vive, il 6 dicembre 1987, è
il figlio unico di Lucio, assicuratore, e di Silvana, insegnante di Scienze.
Alto 1,76 per 73 chili, nel 2002 faceva sci alpino a livello agonistico:
partecipò ai campionati nazionali nelle specialità di superG, gigante e,
soprattutto, slalom. Quindi è un tipo che già da ragazzino era in confidenza
con lo spirito della competizione sportiva. Il fatto, comunque, è che,
all'età di 9 anni, i genitori lo avevano introdotto al golf mentre si
trovavano a Bormio. E a lui quel pallino, anzi quella pallina, nonostante la
variante delle gare sulla neve, è rimasta nel cuore. Tanto che il golf è poi
diventato il gioco più vero della sua vita.
Socio del Circolo Brianza, dilettante di spicco (handicap + 2.8), Federico
si trova adesso protagonista di un'avventura che gli spalanca il mondo.
Diplomatosi nel giugno scorso al Liceo scientifico tecnologico di Carate
Brianza, pochi giorni orsono, infatti, è partito per gli Stati Uniti. Dove
lo aspetta che cosa?
Ecco la sua spiegazione. «Nel periodo del Natale 2005 ero a Miami per
l'Orange Bowl, lo stesso torneo internazionale cui di recente ha partecipato
con onore Andrea Pavan. Là erano presenti i rappresentanti di diverse
università americane che cercavano gente nuova da reclutare per le loro
squadre di golf. Mi si sono offerte alcune opportunità. E in seguito, dopo
una visita con il mio maestro Roberto Zappa, ho scelto la University of
Arkansas. Sfrutterò una borsa di studio completa: vitto, alloggio nel
campus, retta scolastica, libri. Frequenterò un corso di Architettura della
durata di 5 anni che prevede brevi intervalli per permettermi di tornare a
casa. Ovviamente giocherò a golf per la squadra di quella Università
nell'ambito del campionato interuniversitario».
Capito, il ragazzo di Giussano?
Oggi ha 19 anni. Ma quando l'esperienza Usa sarà conclusa come si regolerà?
«Il golf professionistico è, naturalmente, un punto fermo del mio progetto.
Ma fino alla laurea non potrò fare il passo a causa delle regole
universitarie. Quando terminerò il corso di studi io avrò 24 anni e allora
busserò alle porte del professionismo per tentare di entrare nel Tour
americano. C'è poco da dire e da fare: negli States si fanno esperienze e si
aprono prospettive che in Italia sono impossibili».
Chiaro che Federico è un golfista promettente, altrimenti non sarebbe al
centro della storia che stiamo raccontando. Ma quali sono i suoi connotati
tecnici? «Non mi lamento, per ora, del mio drive che mediamente è di 275-280
metri e sono soddisfatto di come gioco sul corto. Dove invece debbo
migliorare molto è nel putt, perché di putt ne faccio troppi a giro».
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