Il comandante gaffeur che atterra soltanto da un salotto tv all’altro

Fabio Berti, numero uno Anpac, è il maggior responsabile del mancato accordo. Tra svarioni e minacce: ecco la tecnica kamikaze di un dipendente in «distacco»

da Milano

La manovra in cui è maestro indiscusso è «l’atterraggio su poltroncina di studio televisivo». Gli unici sedili che ormai frequenta, malgrado sia a tutti gli effetti un comandante Alitalia, sono quelli dei programmi tv, in cui compare un giorno si e l’altro pure. In compenso di vuoti d’aria ne ha anche a terra, e parecchi. Fabio Berti, il pilota-sindacalista che vola da un programma all’altro, numero uno del più potente sindacato anti-accordo, passerà alla storia come il curatore fallimentare della compagnia di bandiera italiana. Ma oltre agli svarioni, il presidente dell’Anpac sarà ricordato anche per importanti conquiste sindacali. Come le eccezionali convenzioni stipulate per gli iscritti: prezzi di favore per i pacchetti vacanza Valtur, forti sconti sui telefonini Telecom, grandi offerte da Manifattura Romana Confezioni, per non parlare del prestigioso torneo di golf riservato ai colleghi.
Il «Comandante No»
Come leader del sindacato ha detto più no lui di Totò Riina al maxiprocesso di Palermo. Air One? Non se ne parla nemmeno. Air France? Vade retro? Cai? Manco per sogno. Qualche buontempone ha messo Alitalia su eBay, ma pare che Berti non abbia capito l'ironia e si sia opposto anche a quello: i piloti non si fidano delle vendite su internet. Il perché poi di tutti questi no, gira e rigira, è sempre lo stesso: il grano. Quando qualcuno si avvicina al portafoglio dei colleghi piloti Berti si trasforma in un pitbull a digiuno da una settimana. Va bene la ristrutturazione, il piano di rilancio, ma alla fine, quanto avete intenzione di pagarci? Come? E quante ore dovremmo volare per quella cifra? No, non ci sono margini di trattativa. Che fuori dal sindacalese significa, ce dovete dare de più.
Non che se la passino male. Berti ha portato in diretta a Porta a Porta il suo Cud, per mettere a tacere le malelingue sui presunti ingaggi d’oro dei piloti Alitalia. Lo stipendio è di soli 115mila euro all’anno. Una miseria. Ma siccome si spezza la schiena facendo il «distaccato», cioè il sindacalista a tempo pieno che per contratto non può volare più di 6 giorni al mese (ma meno sì), gode di un trattamento fiscale di favore. Le tasse si calcolano non sul reddito totale, ma sul 50%. Il resto è mancia.
Tecnica kamikaze
Di fatica però ne fa. Per dire, nel giro di una settimana è planato in dieci studi televisivi diversi. È comparso la prima volta il 16 settembre, accomodato da Bruno Vespa. Due giorni dopo tripletta, su SkyTg24, a Panorama del giorno su Canale 5 e su RepubblicaTv. Il 21 si materializza per cena al Tg5 della sera, mentre il giorno dopo è ancora uno e trino: RaiNews24, SkyTgPomeriggio e Otto e mezzo. Ieri era a Ballarò. Ma è negli studi di Sky che Berti indossa la cintura da kamikaze islamico e lancia il missile terra-aria: «Attenti, un simile stato di pressione sui piloti può mettere a repentaglio la sicurezza dei viaggiatori». La conduttrice Paola Saluzzi capisce male, e prova a commentare i casi di depressione dei piloti. Ma no, lui non parlava di depressione. Oddio potrebbe venire anche quella ai piloti Alitalia ingiustamente maltrattati dall’opinione pubblica, ma per ora si limitano allo stress. Ed ecco l’arma segreta di Berti. Quando le trattative si fanno difficili lui ha pronto l'asso nella manica. Minacciano di ritoccare le tabelle retributive dei piloti? Lui semina il panico: attenti che potrebbe venirci un colpo di sonno a 10mila metri... Se invece ci alzate lo stipendio o ci date più ore di permesso tra un turno e l'altro, sai come pilotiamo meglio, prendiamo in mano la cloche che è un piacere, facciamo atterrare gli aerei sul velluto. A quel punto, davanti alle minacce di morte di Berti, anche gli ultimi irriducibili passeggeri Alitalia hanno fatto gli scongiuri e si sono gettati a disdire le prenotazioni. Il call center Alitalia non riceveva tante telefonate di clienti terrorizzati dall’11 settembre 2001. Ora che Bin Laden si fa sentire meno, ci pensa Berti ad affossare le compagnie aeree.
Ma la smentita è stata ancora più fantozziana. Il presidente Anpac ha spiegato di essere vittima di un equivoco. Non voleva dire che i piloti Alitalia sono stressati e che quindi potrebbero facilmente precipitare. Quello che voleva dire è «un discorso molto tecnico, molto difficile da affrontare durante le trasmissioni. Ma vorrei assicurare che volare con Alitalia è del tutto sicuro». E per tranquillizzare definitivamente i passeggeri ha fornito una prova inequivocabile: vedete, sto per prendere un volo per Milano, e se volo Alitalia io... Un genio. È grazie a perle come questa che si è guadagnato tra i blogger il soprannome di «Trapattoni dei cieli».
Figlio d’arte
La tecnica comunque è collaudata. Berti l’aveva già sperimentata quattro anni fa quando presidente di Alitalia era Cimoli. L’azienda voleva modificare l’orario dei piloti, da 8 ore di volo su 13 di servizio, a 13 ore di volo su 17 di servizio. Ma anche allora, appena sentita la scandalosa proposta, Berti si è travestito da iettatore e ha gufato sui passeggeri: così mettete a rischio la sicurezza... Panico a bordo, trattativa in collasso.
Eppure è tutt’altro che un novizio del sindacato.

Figlio di Aurelio Berti, pilota Alitalia, Fabio segue le orme paterne nel 1987, a 21 anni. Ma subito si innamora dell’Anpac, in cui rapidamente fa carriera fino a diventarne presidente con percentuali bulgare nel 2004. Si dice simpatizzi per Alleanza nazionale. Terrore in via della Scrofa.

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