Commissari, espulsioni e fughe verso il Pdl In Emilia nasce la Lega di lotta e di litigio

RomaNel gran caos emilian-romagnolo dentro la Lega nord, tra espulsioni, multe, affitti contestati, scambi di accuse tra dirigenti e semi-commissariamenti con i vertici locali sostanzialmente azzerati, c’è anche un cambio di casacche in corso. Nel giro di poco tempo il Carroccio ha perso tre consiglieri comunali a Modena, uno a luglio, Andrea Galli («Mi hanno “allontanato” dalla Lega con motivazioni ad oggi non ancora conosciute», spiega lui), altri due ieri, Sandro Bellei e Pierluigi Taddei. Tutti e tre, ora, fanno parte del gruppo comunale del Pdl, come ha annunciato il dominus del centrodestra modenese, Carlo Giovanardi.
Un travaso dalla Lega al Pdl, proprio nel momento in cui si annunciano bottini golosissimi per il Carroccio in un’eventuale elezione? Un episodio, in verità, da inserire nel contesto complicatissimo e anche oscuro delle lotte (di potere) dentro la Lega in Emilia-Romagna. «Il partito qui è stato commissariato da Bossi», dicono in molti, ma la Lega risponde di aver solo «affiancato» il segretario Angelo Alessandri con Rosy Mauro, fedelissima del capo. Quel che è certo è che l’Emilia-Romagna è ora il fronte più caldo per la Lega, la terra nuova dove gli appetiti e le rivalità producono tensioni elevatissime e potenzialmente pericolose. Il risultato è che le teste saltano con molta facilità. In pochi mesi sono stati silurati Marco Lusetti, già braccio destro del segretario regionale, espulso «per indegnità morale dalla Lega nord», poi l’importante esponente bolognese della Lega (nel partito da 15 anni), Alberto Magaroli, e ancora il consigliere provinciale Alberto Veronesi, entrambi pronti al ricorso. Fughe o cacciate a cui si aggiungono quelle dei tre consiglieri comunali di Modena e molte altre minori. Ma che succede? Lo scenario è fosco, e neppure sulle espulsioni si riesce ad avere una parola certa. Per esempio, sui due consiglieri comunali di Modena, la tesi del partito è che «non è stato espulso nessuno, non essendo Bellei e Taddei militanti della Lega - si legge in un comunicato firmato Rosy Mauro e Alessandri -. Noi abbiamo solo preso atto delle annunciate autosospensioni». I diretti interessati, però, dicono l’esatto contrario: «Siamo stati espulsi, ne prendiamo atto» dice Bellei all’agenzia Dire.
Tutto è nato da una serie di vicende che hanno coinvolto i vertici della Lega in Emilia-Romagna, con una tempistica che fa pensare a vendette incrociate, in un clima di rappresaglia esasperato dalla sensazione di essere seduti nel prossimo Eldorado leghista. La prima magagna riguarda Lusetti, il braccio destro del numero uno, che nel 2009 viene investito dall’allora ministro Zaia di una carica importante: commissario dell’Enci, Ente nazionale della cinofilia italiana. Tutto bene finché l’Enci non denuncia una serie di delibere con le quali Lusetti aveva assegnato consulenze e incarichi per un milione e 700 mila euro a persone di sua fiducia. «Ho dato incarichi a persone di cui mi fido», si difende Lusetti, su cui però si abbatte l’ira funesta del partito (che lo caccia) e dell’opposizione (il Pd presenta un esposto alla Corte dei conti). A quel punto Lusetti non arretra ma contrattacca, e tira fuori dall’armadio una serie di scheletri leghisti. È in quel momento (ma non si può ipotizzare un nesso causale) che esce qualcosa che riguarda il segretario regionale, l’onorevole Alessandri. Che si trova a dover rispondere di 72 multe pagate dal partito ma prese con la sua auto privata. In realtà, si capirà dopo, quella è sì l’auto di Alessandri, ma è anche quella che il deputato e coordinatore emiliano usa per gli appuntamenti istituzionali e di partito, e quelle multe si riferiscono proprio a spostamenti nelle vesti di uomo di partito, non di privato cittadino. Alessandri sospetta un’attività di dossieraggio interno alla Lega contro di lui. Altri, invece, chiedono chiarimenti, come il bolognese Magaroli. La risposta è una espulsione collettiva, che tocca lui, gli altri già nominati, e una settantina di militanti locali - scrive il Corriere - contrari alla linea Alessandri.

Insomma un clima fetido, fatto di sospetti e di veleni. Non si può lasciare in quello stato una terra così fertile per la Lega. Per questo sono calati la Mauro, insieme alla “Trota”, Renzo Bossi. Ma guai a chiamarlo «commissariamento».

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