«Non siamo sognatori, siamo persone che hanno un sogno». Ha lo sguardo carico di dignità e, nella voce, unimpronta di entusiasmo Ali Abu Awad, palestinese. Mentre parla una donna israeliana annuisce al suo fianco. Sfilano accanto alla sagoma eburnea dellAra Pacis, spalla che sfiora spalla. Chiedono la pace in Medio Oriente. Non solo lì, ovunque.
«Sono sopravvissuta ad Auschwitz. Il dottor Mengele ha condotto esperimenti su di me. Lo perdono. Il perdono è libertà», dice commossa Eva Mozes Kor, anni 76. «Il perdono è larma più potente contro il terrorismo», ribadisce Jean-Paul Samputu, uscito vivo dal genocidio in Ruanda, in cui ha detto però addio ai genitori e a tre fratelli.
Loro sono alcuni volti, alcune storie e alcune anime delle 76 che fanno parte del «Consiglio per la dignità, il perdono e la riconciliazione», che si è riunito ieri, per la prima volta, nella capitale. «Una città scelta non per caso», come ha spiegato il sindaco Alemanno: «Nel suo momento di massimo potere e fulgore limpero aveva sposato un sogno, quello di una nuova età delloro, in cui il conflitto scompare. Augusto ha dedicato lAra Pacis agli ideali ultimi delluomo: la concordia, la riconciliazione». Esattamente gli scopi del neonato consiglio: una task force di saggi che vuole usare la giustizia e la dignità per girare il mondo e zittire i conflitti. Con la forza dellesperienza, le ferite del sacrificio personale, il sollievo del perdono: «Chi ne fa parte - ha proseguito il primo cittadino - si porta addosso i segni della guerra. Vogliamo evitare che il pacifismo si trasformi in un alibi per non vedere quello che succede a tanti popoli».
Grande emozione lha suscitata Ron Kovic, attivista antimilitarista, veterano della guerra del Vietnam e scrittore, autore del libro autobiografico «Nato il quattro luglio», da cui è stato tratto lomonimo film interpretato da Tom Cruise, diretto da Oliver Stone.
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