Tutti contro le liberalizzazioni volute dal governo Monti. Palazzo Marino e commercianti fanno fronte comune per cercare di contrastare «una legge che penalizza il Comune nella sua autonomia». Unica eccezione al compatto fronte del «no» Federdistribuzione, che riunisce supermercati e centri commerciali, favorevole alla deregulation assoluta sancita per legge. Ieri l’assessore al Commercio Franco D’Alfonso (nella foto) e Chiara Bisconti, collega con delega alle Politiche dei tempi e degli orari della città hanno incontrato il mondo del commercio milanese: Confcommercio, Federdistribuzione, Federmoda, Lega consumatori e Movimento dei consumatori, sindacati. Tutti riuniti nella fronda «federalista» in difesa dell’autonomia degli enti locali e delle esigenze del territorio. Obiettivo: utilizzare tutti gli strumenti a disposizione per fare azione di moral suasion per modificare il decreto. E coinvolgere la Regione che ieri si è sfilata dal dibattito invocando la non competenza in materia: la legge non interviene in materia di commercio, di competenza regionale, ma di libera concorrenza, di competenza statale.
«Abbiamo registrato un generale consenso da parte del mondo del commercio, ad eccezione di Federdistribuzione - spiega D’Alfonso al termine dell’incontro - sulla contrarietà al decreto». Tradotto in pratica: congelare le nuove norme fino al 23 marzo, data di scadenza dei 90 giorni per recepire la norma. «I 90 giorni indicati dalla legge come tempo di armonizzazione alla nuova normativa - spiega D’Alfonso - significano per noi che fino al 23 marzo si va avanti con le vecchie norme e con le aperture domenicali già concordate e in calendario». Il dibattito si sposta oggi in giunta, in settimana il sindaco firmerà l’ordinanza che congela la situazione di fatto fino al 23 marzo, appunto.
Per l’amministrazione la liberalizzazione degli orari dei negozi «è una normativa lesiva dell’autonomia comunale e faremo di tutto in termini di moral suasion per avere un cambiamento, sia nei confronti della Regione che ha ampi poteri in merito sia del governo». Si tratta di «ridare al Comune una leva importante per la gestione della città». Palla alla Regione dunque: «Domani andremo al tavolo del commercio convocato dalla regione per esprimere la nostra posizione». E se ieri il governatore della Lombardia Roberto Formigoni ha ribadito la posizione - «non faremo ricorso perché è materia di competenza statale che riguarda la concorrenza, semmai ci offriamo di favorire una mediazione» - Palazzo Marino ribadisce la competenza regionale in materia: «Il Comune non è ente legislativo, a differenza dello stato e delle regioni». Anche perché - fanno notare da Confcommercio - «la Corte costituzionale ha giudicato la legge regionale è rispettosi della norma sulla concorrenza». In sostanza la Regione è competente. Gianroberto Costa, segretario generale di Confcommercio osserva: «Già il 70% della città gode di ampi margini di manovra sugli orari delle aperture: il centro storico è considerato alla stregua di città turistica, così i distretti commerciali che hanno piena autonomia in questo campo»:
Soddisfatti anche i sindacati confederali: «Questo decreto penalizza i lavoratori e l’intero settore, favorendo come sempre il più forte a scapito del più deboli. Siamo molto soddisfatti e colpiti dalla posizione del Comune - commenta Graziella Carneri della Cgil - e dell’attenzione che riserva al problema. Non dimentichiamo che non esistono solo le esigenze dei consumatori ma anche quelle dei lavoratori, o meglio le lavoratrici, che sono la maggior parte.
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