La Consulta: «Previti non poteva essere giudicato»

Anna Maria Greco

da Roma

Dalla Corte Costituzionale la patata bollente targata Cesare Previti passa alla Cassazione, dove sono approdati i processi Sme e Imi-Sir. Questo, almeno, secondo le indiscrezioni che filtrano da palazzo della Consulta, ma in settimana dovrebbe arrivare la sentenza.
La decisione sarebbe stata presa in camera di consiglio lunedì pomeriggio, e sarebbero state annullate alcune parti delle ordinanze sulle due vicende, ma non le sentenze di condanna di primo grado. Sembra che Previti abbia ottenuto una vittoria, ma solo parziale.
La Consulta presieduta da Annibale Marini avrebbe scelto una soluzione di compromesso, ammettendo il vizio degli atti processuali riguardo al «legittimo impedimento» del parlamentare di Fi di partecipare alle udienze, ma lasciando alla Corte Suprema il delicato incarico di valutare le conseguenze sui processi di questa decisione.
I giudici costituzionali, infatti, avrebbero riconosciuto che ci sono delle ragioni per i due conflitti di attribuzione sollevati dalla Camera dei deputati contro i giudici di Milano. E questo comporta l’annullamento delle parti delle ordinanze che non hanno considerato «legittimo impedimento» l’impossibilità del parlamentare di Fi di partecipare alle udienze dei processi Sme e Imi-Sir per concomitanti impegni a Montecitorio. Queste parti sarebbero lesive del potere parlamentare e della sua autonomia.
Ma in questo caso non si tratta di sentenze definitive, come nel molto simile «caso Matacena», in cui la Consulta annullò la sentenza. Previti è stato condannato a cinque anni per Sme, confermati in appello e a undici per Imi-Sir, scesi a sette in secondo grado. Ora i processi sono arrivati in Cassazione. L’Alta Corte avrebbe dunque deciso di non entrare nel merito, senza accogliere la richiesta dell’ex-ministro di annullare in toto le sentenze in questione.
Nel lasciare l’ultima parola alla Cassazione, la Consulta ribadirebbe però alcuni principi come quello che non spettava al giudice sostenere che «l’interesse della Camera dei deputati allo svolgimento dell’attività parlamentare, e quindi all’esercizio dei diritti-doveri inerenti alla funzione parlamentare, dovesse essere sacrificato all’interesse relativo alla speditezza del procedimento giudiziario». È quello che affermò già nel 2001, quando annullò cinque ordinanze del gip di Milano, Rossato, riguardanti sempre Previti e il caso Imi-Sir, lasciando alla Cassazione la decisione finale. Nella sentenza di quattro anni fa la Consulta sottolineò anche la necessità di arrivare a un giusto bilanciamento dell’esigenza giudiziaria con quella parlamentare.
La Cassazione si troverà dunque a valutare due procedimenti alle cui conclusioni si è arrivati sulla base di ordinanze di cui è stata riconosciuta la parziale nullità dal giudice costituzionale. E dovrà decidere se ciò comporta o no anche l’annullamento delle sentenze dei giudici di merito, con la retrocessione dei processi al primo grado o addirittura all’udienza preliminare.
L’Alta Corte ha già discusso dei ricorsi d’attribuzione che riguardano Previti il 29 novembre, in udienza pubblica.

Ora la sentenza, che sarà molto tecnica, sarà scritta in «tempi velocissimi», assicurano a palazzo della Consulta, dal vicepresidente Franco Bile e dal giudice costituzionale Francesco Amirante. Poi, sarà discussa e votata in una delle Camere di Consiglio di questa settimana.

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