da Milano
Assicura che destate, quando tutti hanno caldo e boccheggiano lei non soffre, ma viene presa da una sorta di euforia. È in quei momenti che i suoi genitori la guardano di traverso, rimuginando sul passato. Sul fatto che era sempre stata una peste. Di quelle bambine che sparano con la pistola da cowboy gridando «da grande farò il commissario di polizia!». Ed è probabile che nel placido Orio (Brindisi) quando Maria Josè Falcicchia ha annunciato che se ne sarebbe andata per frequentare laccademia di polizia a Roma, i genitori labbiano assecondata senza fiatare, mentre amici e parenti tiravano un sospiro di sollievo.
«Lo so, ho un temperamento da paese latinoamericano - ammette lei, ridacchiando - Sono sempre in movimento, devo fare qualcosa». E, che dire? Di cose, in nemmeno 40 anni (li compie il 25 settembre) il vice questore aggiunto Maria Josè Falcicchia, ne ha fatte parecchie. Adesso è «solo» lunica donna in Italia a capo della sezione di criminalità organizzata di una squadra mobile, quella di Milano. Che combatte le silenti ma sempre attivissime ramificazioni di mafia, ndrangheta e camorra attirate dallinesauribile ricchezza economica del capoluogo lombardo. «A Milano cè tutto ed è per questo che la criminalità di ogni genere, adesso anche e soprattutto i gruppi etnici stranieri, ne sono attratti. E lo saranno sempre». Una città che lei conosce benissimo visto che qui, dovè giunta nel 93, ha ricoperto i ruoli più disparati, accumulando successi e soddisfazioni a dir poco pazzeschi per una donna che ha dovuto confrontarsi continuamente con capi e collaboratori (perlopiù uomini) che le hanno insegnato molto, senza però mai «addolcirle» la pillola.
Dopo alcuni mesi alla Polaria di Linate, Falcicchia passò al commissariato di Porta Genova quindi, per un anno e mezzo, prestò servizio in centrale operativa. Dal dicembre 96 è alla sezione antirapine della squadra mobile (il giorno dopo il suo arrivo Domenico Gargano si asserragliò nella banca di via Cassinis; nel 99 fu la volta della sparatoria di via Imbonati, con la morte dellagente Vincenzo Raiola) dovè rimasta fino al febbraio 2004, quando è passata alla criminalità organizzata. Nel frattempo, nel marzo 2002 venne chiamata a far parte del pool costituito a Bologna dopo lomicidio di Marco Biagi («lesperienza più difficile») e, dallestate 2006 al febbraio 2007, lex procuratore di Milano Francesco Saverio Borrelli lha voluta nel gruppo dinchiesta su «Calciopoli» alla Federcalcio. «Gli risposi che era uno scherzo e che, prima di dargli una risposta, avrei verificato che quello fosse davvero il suo numero di telefonino».
Il numero era giusto. E Josè - che in questura a Milano e ovunque tra le poliziotte italiane - è un po una leggenda, divenne ancora più invidiata. Lei, che vanta legami damicizia fortissimi, a volte ci sta male. «Ma se è vero che soffro, sento e accuso la negatività altrui, non sedimento nulla. E soprattutto sono incapace di ricambiare linvidia. La verità è che mi sento una tenera. E ho bisogno di armonia». Un quotidiano lha annoverata tra le donne possibili candidate a capo della polizia. Ma lei, seppur lusingata, sullargomento nicchia.
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