Così il furbetto Casini tradirà tutti per salire al Colle

La vera partita del leader dell'Udc: sgambettare il nuovo premier per sbarrargli la via del Quirinale, il cui prossimo inquilino sarà eletto  dopo le prossime elezioni nel 2013

Così il furbetto Casini  tradirà tutti per salire al Colle

Roma - Quanto durerà il regno di San Mario? Sei mesi, come chiede il Pdl? Sei giorni, come prevede la Lega degli scettici? Sei anni e più, quanto comincia a temere il Mucchio selvaggio aggregato da Pd e Terzo Polo? Ma se Pier Luigi Bersani ha già messo in conto di poter essere soppiantato al momento delle Primarie di coalizione, c’è chi sta messo peggio e rischia la cadrega per cui ha tanto brigato: Pier Ferdinando Casini. Impagabile la sua dichiarazione all’uscita dal colloquio con Napolitano. «Diamo il sostegno al governo tecnico fino al termine della legislatura», ha detto. «Tatticismi e furberie non sono ammesse», ha aggiunto. Concludendo con un curiale: «Pace e bene». Pura arte. Realismo democristiano che torna in auge. Il diavolo si nasconde nei dettagli, e i sentimenti sono ben custoditi sotto la coltre d’incenso. La realtà è che Pierferdy rischia di aver fatto tanta fatica per nulla. Vincere è convincere, e per questo sono state sprecate ore e ore di intenso lavorio, assoldando l’indiscusso specialista del settore: Paolo Cirino Pomicino. Così il leader dell’Udc ha preparato il terreno, smosso le zolle, sradicato deputati berlusconiani, arato e arato. Che frutti attendeva, tale semina? Tra i Palazzi del potere la botanica non è sconosciuta e il Risiko casinista aveva un traguardo evidente. Dalla sede dell’Udc, in via Due Macelli, sono due passi: si prende per vicolo Scanderbeg ed ecco che subito si erge la maestà del Quirinale.

Tutti sanno che l’ambizione massima dell’ormai ultracinquantaseienne cavallo di razza forlaniana non è certo languire tra le carte di Palazzo Chigi, o da ministro degli Esteri. Checché. Pierferdy - non a caso per amici e nemici Pierfurby - ha messo nel mirino da tempo il Colle più alto, dove un democristiano verace manca dai tempi di Oscar Luigi Scalfaro. Lui è il «benefattore» che ha fatto fuori la risicata maggioranza di centrodestra. Lui ha rifiutato ogni Sirena berlusconiana, e poltrone per Cesa. Lui non ha mosso un dito per dare segnali di discontinuità e salvare Alfano dal naufragio. In cambio, era assodato - mercé la benedizione vaticana - che la benemerenza fruttasse il pomo più bello: Casini si sentiva i paramenti al collo e il sole in tasca. Ovviamente da godersi alle 1500 finestre del Quirinale, il cui prossimo inquilino sarà eletto appunto dopo le prossime elezioni, nella tarda primavera del 2013.

Ma ecco che le sue sicurezze cominciano a incrinarsi. Un piccolo segnale è venuto qualche giorno fa in pieno Transatlantico, quando tra un paio di deputati, interrogandosi sulle sorti di Monti, ci si è posti il seguente dilemma: chi potrà mai assumersi la responsabilità di staccare la spina al SuperTecnico? Esclusi Pd e Pdl, per senso di responsabilità. Esclusi Idv e Lega, per mancanza di forze e relazioni che contano. Allora chi? «Sapete qual è la verità? - ha sussurrato a quel punto un ben informato di cose dc - Monti durerà finché Casini non temerà per il suo futuro al Colle. Se arrivasse fino a primavera del 2013, cioè a scadenza naturale di legislatura, significherebbe che ha ben operato e sarà quindi un’icona intoccabile. E se Monti avrà fatto bene il suo dovere con tutti, nessuno potrà intestarselo come candidato premier di coalizione. Ergo, la sua carriera superpartes non potrà che finire nel posto deputato: il Quirinale. Come altro potrebbe essere ricompensato un Santo laico?». «E chi glielo dice, a Casini?», ha fatto un secondo. «Lo sa già», ha sorriso un terzo.

Da qui cominciano i guai e i tormenti di Casini, che dopo tanto penare si ritrova con un nugolo di mosche in mano. Niente Quirinale, improponibile per Palazzo Chigi, che fine farebbe il povero Pier? L’unica chance gliela concederà allora il suo dna made in Piazzadelgesù. Acquattato tra i pretoriani di Monti, in prima fila, per osservarlo da vicino.

Ma il balenìo di un pugnale si può già intravedere sotto la tonaca. Salmodiante devoto, devotamente potrà staccare la spina prima che il danno sia irrimediabile. Come nei migliori gialli, l’assassino è il sagrestano. Perché Quello diventerà pure Santo, ma Pier non è mica fesso.

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