«Così papà mi ha insegnato a diventare critica di film»

Il manuale di recensioni adesso uscirà tutti gli anni

«Così papà mi ha insegnato a diventare critica di film»

Toh, “il Farinotti“, il popolare dizionario del cinema, quest’anno ha una doppia firma. Oltre all’ideatore, il critico cinematografico Pino, c’è anche sua figlia Rossella, milanese come lui. Venticinque anni, una laurea in Scienze dei Beni culturali, manco a dirlo con indirizzo cinema, studia e lavora a Brera, con un suo ex professore, il critico d’arte Marco Meneguzzo. Organizza mostra soprattutto, oltre naturalmente ad aggiornare il “Farinotti“, che da questa edizione diventa annuale. Sentiamola.
Rossella, un nome cinematografico...
«Certo, come la mitica Rossella O’Hara. Poteva andar peggio. Se fossi nato maschio mi chiamerei Shane, il protagonista di “Il cavaliere della valle solitaria“, il film preferito di papà».
Quante volte l’ha “Via col vento“?
«Tantissime, forse cinquanta. Lo rivedo almeno tre o quattro volte l’anno. Come quelli che amo di più, “Colazione da Tiffany“ o “Grease“».
Il primo film che ha visto?
«Credo “Biancaneve e i sette nani“ di Disney».
E l’ultimo?
«“Bastardi senza gloria“ di Tarantino: bellissimo».
Quanti ne avrà visti in tutta la tua vita?
«Difficile un conto preciso. Al cinema vado quattro cinque volte al mese, ma in dvd ne vedo in continuazione. Sul computer, perché non ho la tv».
Li annota da qualche parte?
«Solo quelli nuovi. Appena esco dal cinema o spengo il computer scrivo la scheda: promosso o bocciato».
Su cosa basa il suo giudizio?
«La visibilità innanzitutto, guai se un film mi fa sbadigliare. Ecco, l’ultimo Tarantino, che pure dura quasi tre ore, non ti annoia mai».
Il suo genere preferito?
«La commedia».
Quello invece che ama meno?
«Horror e fantascienza».
Come mai alle donne non piacciono i western?
«Per forza, sono sempre maltrattate. Perfino Marilyn in “La magnifica preda“».
L’attore del cuore?
«Da ragazzina Marlon Brando, bello, bravo e poliedrico. Ora DiCaprio e Johnny Depp».
Si trova d’accordo nei giudizi con suo padre?
«Sempre no, tutt’altro. Per dire, papà detesta i film orientali, io sono più aperta».
Andate spesso al cinema insieme?
«Ogni tanto, quando c’è un grosso film».
Quanto ci avete messo a scrivere il dizionario?
«Tutto l’anno».
“Il Farinotti“ per autorevolezza è considerato il terzo, dopo “il Mereghetti“ e “il Morandini“...
«Beh, Mereghetti ha il traino del “Corriere“, Morandini mi pare un po’ sorpassato. Di certo “il Farinotti“ è stato l’apripista, ormai trent’anni fa».
Come vi siete divisi i compiti, lei e papà?
«Ogni settimana stiliamo la tabella dei film in uscita. I più importanti li fa lui.

Io all’inizio facevo solo quelli che mi piacevano, poi ho dovuto allargarmi. Naturalmente ci sono anche dei collaboratori, per esempio Giancarlo Zappoli che si fa tutti i Festival».
Quando comincerà a scrivere “il Farinotti 2011“?
«Ho già cominciato da un pezzo».

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