Così Solimena trasformò la pittura "in scultura"

Abilissimo, scenografico e influente. L'artista napoletano fece scuola tra i contemporanei

Così Solimena trasformò la pittura "in scultura"

Tra i più bei dipinti del Barocco italiano, imprevedibile e appartato, vi è Miracolo di san Nicola di Francesco Solimena nella remota chiesa parrocchiale di Fiumefreddo Bruzio, in Calabria, con un angelo che trasferisce in pittura il virtuosismo del marmo di Giovan Lorenzo Bernini. La chiesa è Santa Maria cum Adenexis. Il dipinto è la prima grande prova giovanile di Francesco Solimena, concepita tra il 1673 e il 1680. Se ne conosce un luminoso bozzetto parziale conservato nella Galleria nazionale di Trieste.

La grande pala d'altare propone un compendio iconografico di tre fasi distinte della vita di san Nicola: la gloria celeste e gli episodi relativi a due miracoli da lui operati, in favore del fanciullo coppiere e per liberare i tre bambini chiusi dall'oste nella botte. L'angelo che arriva è una grande scultura di ineffabili valori tattili, fisica e pesante nel marmo di Carrara in cui la pittura si rigenera. Mirabili passaggi di viola, di rossi, di gialli la rendono l'ultimo omaggio di un pittore napoletano a Pietro da Cortona. Francesco Solimena accresce il virtuosismo di Luca Giordano, dal quale si muove, con più ampio e retorico respiro.

E con ciò si afferma come il più notevole pittore barocco attivo a Napoli tra il XVII e il XVIII secolo, definendo uno stile di grande fortuna. Alla sua scuola si sono formati i migliori artisti del Settecento partenopeo (De Mura, Bonito, Giaquinto). Come mostra la Pala di Fiumefreddo, Solimena alimenta la lezione di Luca Giordano con una rinnovata rielaborazione della tradizione seicentesca (Pietro da Cortona, Mattia Preti e soprattutto Giovanni Lanfranco). Le opere dipinte tra il 1675 e il 1680 come il Paradiso nel duomo di Nocera e la Visione di San Cirillo d'Alessandria nella chiesa di San Domenico a Solofra, sono ancora in collaborazione con il padre Angelo. Quelle concepite a partire dal 1680, come gli affreschi di San Giorgio a Salerno e le tele di San Nicola alla Carità a Napoli, insieme agli affreschi con le Virtù, nella sacrestia di San Paolo Maggiore, rivelano la ripresa del gusto barocco romano innestato sulla tradizione pittorica napoletana. Più avanti il pittore curioso evidenzia un'attenzione per Mattia Preti, in pale come il Miracolo di San Giovanni all'ospedale di Santa Maria della Pace, a Napoli, e in San Francesco rinuncia al Sacerdozio, sempre a Napoli, nella chiesa di Sant'Anna dei Lombardi, prendendo le distanze da Luca Giordano. Come quest'ultimo, anche Solimena lavorò per le maggiori corti europee, senza muoversi quasi mai da Napoli.

Nel 1728 dipinge, con una gloria ormai internazionale, per il cardinale Michele Federico Althann, viceré di Napoli e vescovo nella città ungherese di Vác, una tela che rappresenta il prelato nell'atto di offrire all'imperatore d'Austria Carlo VI il catalogo della pinacoteca imperiale (oggi al Kunsthistorisches Museum di Vienna), che «suscitò un vero entusiasmo».

Nella Cacciata di Eliodoro dal tempio Solimena si esprime con uno stile sinfonico, come un largo musicale, in composizioni scenografiche di grande effetto teatrale, dove la vitalità cromatica e luministica giordanesca si arricchisce di una nuova saldezza e plasticità delle forme, agitate da forti contrasti di ombre e luci (come si vede nella magniloquente decorazione della sagrestia di San Paolo Maggiore, 1689-1690). I fruttuosi contatti a Roma con Carlo Maratta e gli stimoli del movimento classicista legato all'Accademia di Francia lo sospingono verso una elaborazione formale di sempre più compiuto equilibrio compositivo, non privo di citazioni classiche (nella Cacciata di Eliodoro dal tempio, 1725, nella chiesa del Gesù Nuovo, e negli affreschi della cappella di San Filippo Neri, nella chiesa dei Girolamini, a Napoli). Di questo tempo sono alcuni capolavori: Giuditta e Oloferne (1728-1733), a Vienna, Kunsthistorisches Museum; L'Immacolata, 1730 circa, a Ferrandina, nella chiesa di Santa Chiara; la Madonna con Gesù bambino (1730), al Museo del Monastero di Montserrat, in Catalogna; San Filippo Neri che adora la Vergine col Bambino affidandole la protezione di Torino, a Torino, nella chiesa di San Filippo Neri (1733).

Negli anni tra il 1734-35 si registra un notevole mutamento nei modi di dipingere del Solimena che sembra ritornare ai modi

giovanili. Lo possiamo vedere nei dipinti che realizza per Carlo III di Borbone al palazzo Reale di Caserta (Trionfo di Carlo III di Borbone alla battaglia di Gaeta).

Francesco Solimena muore, celebratissimo, a Barra nel 1747.

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