Crac Napoli e Campania: la guerra al federalismo dei politici da fallimento

Iervolino strangolata dai debiti, Bassolino sotto la lente per i fondi Ue. Ai campioni degli sperperi non resta che attaccare le riforme

Crac Napoli e Campania:  
la guerra al federalismo  
dei politici da fallimento

Roma - Quando si dice «fallimento politico», a Napoli, bisogna prendere il termine alla lettera. Siamo prossimi alla bancarotta, al crack finanziario, alla Parmalat dei Comuni, con le banche che chiudono il credito perché non si finanziano i flop sicuri. La monnezza è l’immagine chiave per riassumere tutto, una classe politica junk, spazzatura, e con lei nel cassonetto vent’anni di finto rinascimento marchiato Bassolino e Iervolino. Mentre il governo centrale prova a rivedere il sistema di elargizione dei fondi pubblici, con il federalismo fiscale, per arginare la voracità degli amministratori più spendaccioni (che poi organizzano la resistenza, e si capisce perché, alla stessa riforma), gli istituti di credito hanno già dato una risposta: basta mutui al Comune di Napoli. Troncati di netto, racconta il Mattino, 40 milioni di euro che servivano per finanziare opere pubbliche, metropolitana, servizi scolastici eccetera. Giustamente le banche non si fidano a pompare credito in un ente che ha chiuso l’anno con una bocciatura da «Standard & Poor’s», l’agenzia di rating che ha abbassato il punteggio del Comune di Napoli da BBB (rating medio-basso) a BBB- (ancora più basso), che equivale a dire: attenzione, qui soldi a rischio.
Questo dopo che già la Cassa depositi e prestiti aveva negato alla giunta Iervolino la richiesta di 140 milioni di euro, causa crisi economica e soprattutto crisi di credibilità del Comune di Napoli. Per il quale, ormai è chiaro, è difficile ottenere mutui quanto per un debitore insolvente o moroso.
Il marchio di un fallimento che rasenta la catastrofe. E che può avere un concorrente soltanto in un’amministrazione poco lontana da Palazzo San Giacomo, la Regione Campania. Un porto franco di spese e consulenze, nella gestione pluriennale di Bassolino detto ’O Governatore, che quanto a fantasia (nel dilapidare fondi) non è secondo a nessuno. L’austerity del federalismo fiscale ridurrebbe forse lo spreco, ma ci rimetteremmo in buon umore. Uno se ne rende conto leggendo l’elenco (parziale) dei finanziamenti elargiti dall’ex giunta regionale campana, finiti in una relazione di 236 pagine fatta dagli ispettori inviati dal ministro dell’Economia, a sua volta finita sul tavolo della procura di Napoli che ha aperto un’inchiesta. Tremonti voleva vederci chiaro, racconta sempre il Mattino, e adesso anche i magistrati che stanno passando al vaglio una quantità enorme di consulenze e incarichi, anche piuttosto bizzarri ma sempre piuttosto onerosi. Così tanto da aver inciso, a parere dei tecnici del ministero, sullo sforamento del patto di stabilità. C’è il sospetto, per ora solo sospetto, di una responsabilità penale nelle scelte dei vertici bassoliniani della Regione Campania, perché i fondi del «piano di azione sviluppo economico regionale» non sono stati usati, ad occhio e croce, per investimenti così strutturali. A meno di non considerare strutturali, tipo strade e ponti, anche gli assaggiatori di formaggi, i degustatori di miele, gli esperti di frutta e i maestri floreali, figure per cui si sono attivati costosi corsi di formazione. E che dire dei 662mila euro spesi per garantire «la gestione delle politiche ecosostenibili dei rifiuti ai Caraibi, per migliorare la qualità della vita»? Una bella somma pubblica per andare a insegnare ai caraibici come smaltire in modo efficiente i rifiuti. Docenti: gli amministratori della città più eco-insostenibile d’Europa, Napoli. Normale che gli ispettori di Tremonti si siano insospettiti, e si vedrà cosa ne ricaverà il procuratore aggiunto Francesco Greco, coordinatore del pool che sta setacciando l’enorme mole di consulenze della Campania a caccia dei reali beneficiari e dei servizi realmente svolti. Una fiera di incarichi, tra cui uno studio di fattibilità per un polo florovivaistico, un’indagine da 10mila euro sul patrimonio genetico del melo, altre accurate inchieste - affidate a consulenti esterni - sul carciofo di Paestum, sui lieviti per valorizzare i vini irpini.

Fondi a go go per la «Missione sorriso», interviste ai turisti per valutare l’indice di gradimento di Napoli (togliere la spazzatura no?), per la fiera del bovino, il Pizzafest, il festival della taranta, la notte bianca di Napoli, la rassegna di musica etnica e l’imperdibile concorso ippico di piazza Plebiscito. Una Regione e un Comune muoiono, certo, ma almeno ballando la taranta tra i cavalli e i carciofi Dop di Paestum.

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