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Cremonini apre le danze dei «delisting» di primavera

Fuga dalla Borsa In fila Burani, Aicon, Guala Seat e Prysmian

da Milano

Al momento sono un terzetto ma potrebbero diventare una diecina le società pronte a dire addio al circuito di Piazza Affari. Ieri, dopo Ducati e Polynt è stata la volta di Cremonini che l’omonima famiglia vuole ricomprare a 3 euro per azione, per un esborso complessivo di 131,9 milioni. Il gruppo alimentare motiva la mossa con ragioni industriali: la quotazione di Marr e la joint venture per produrre carni e salumi con la brasiliana Jbs ha trasformato Cremonini da holding industriale a cassaforte di partecipazioni. Meglio quindi sfilare la capogruppo dalla Borsa, dove peraltro vale meno della partecipata (419 milioni di capitalizzazione contro 473 milioni), e sostituirla in prospettiva con una newco in cui Cremonini dovrebbe concentrare il business della ristorazione. Riassetti a parte, la stagione dei saldi innescata dalla crisi dei mutui subprime potrebbe essere colta da altre small e middle cap. A partire da Aicon, Aeffe, Guala Clousures, Mariella Burani, Trevisan o Damiani anche se i bocconi più calorici restano Seat e Prysmian. «Quello attuale sarà l’anno dei ritiri dal listino, fino alla scorsa primavera il private equity si strappava dalle mani le matricole», sintetizza il direttore investimenti di Banca Mb, Giulio Baresani Varini. «Ora i multipli sono quasi dimezzati molti sfrutteranno l’occasione per ricomprare», prosegue il banchiere notando come il premio del 14,1% concesso da Cremonini rispetto alla chiusura di venerdì «lasci un buon cuscinetto di vantaggio» alla capogruppo. A Luigi Cremonini fa capo tra quote dirette e indirette il 59,95% della società alimentare (quasi il 69% considerando le azioni proprie): ieri il titolo si è velocemente allineato all’offerta chiudendo in progresso dell’11% tra scambi intensi.
Quello degli addii in massa dal listino è un copione già visto nel 2002 e, soprattutto se a intermittenza, deplorato dall’ad di Borsa Italiana, Massimo Capuano. Senza considerare l’impatto delle operazioni «striscianti, conseguenti al progressivo riacquisto di azioni proprie da parte dei soci di maggioranza», prosegue Baresani Varini, ricordando come la stessa Mediobanca abbia accelerato sulle operazioni di trading: «anche perché oggi l’S&P Mib con i suoi dividendi rende in media 1,5 volte i Bot». Il periodo più caldo è atteso non appena il mercato inizierà a rialzare la testa. Sotto osservazione anche It Holding e Viaggi del Ventaglio perché «malgrado l’attuale proprietà non ha la liquidità per il delisting, alle attuali condizioni avrebbe comunque convenienza a farlo magari con partner come fondi di private equity o competitor». Uno schema non distante da quello di Cremonini che ha creato la newco BidCo, destinata a fondersi con la società preda, ottenendo l’appoggio di un pool bancario coordinato da Unicredit, Popolare Lodi e Cariparma.
Quanto a Seat, Baresani Varini è prudente: «È una scommessa con cui si sono feriti in molti, è il business delle directory a essere profondamente cambiato».

Ma secondo alcuni uffici studi ai prezzi correnti è conveniente cancellare il gruppo dalla Borsa e procedere allo spezzatino. Altro punto di domanda su Prysmian, dove il peso della coreana Taihan potrebbe crescere come contraltare a un passo indietro di Goldman Sachs (a cui oggi fa capo il 31%) inevitabile.

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