Roma - «Il mondo diventerà molto, molto pericoloso, sarà un disastro». Omar Bin Laden, figlio di Osama, era stato profetico in un’intervista concessa a Rolling Stone nel gennaio 2010 sostenendo che la morte del padre non avrebbe diminuito l’allerta terrorismo anzi l’avrebbe accresciuta. Perché Osama «uccide solo quando pensa che sia necessario: lui ha un obiettivo religioso, è votato alle regole della jihad ». Gli altri militanti di Al Qaida però non sono così osservanti, soprattutto quelli definiti «fai-da-te». E il primo a essere conscio del pericolo è stato il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, che ha subito disposto un incremento di tutte le misure di sicurezza sul territorio nazionale. «L’attenzione non cala », ha dichiarato a caldo il titolare del Viminale sottolineando che «il rischio di terrorismo» è in aumento, secondo l’Interpol. Due le ipotesi di minaccia che si tengono sotto osservazione. «La prima - ha spiegato - è che ci può essere una reazione a quanto accaduto; la seconda è che Bin Laden era una figura importante, ma negli ultimi anni meno influente». Dunque è lecito attendersi che i potenziali leader del qaidismo (che tuttavia ha una struttura molto più orizzontale che verticistica) utilizzino gli attentati come strumento di propaganda.
Il Comitato antiterrorismo, riunitosi ieri pomeriggio, ha innalzato le misure di sicurezza su tutti gli obiettivi sensibili di Stati Uniti e Pakistan in Italia. Il dipartimento di Pubblica sicurezzaha inoltre rafforzato l’attività di intelligence relativa alla raccolta informazioni e alle investigazioni.
I controlli, soprattutto all’Aeroporto di Fiumicino, erano stati immediatamente resi più stringenti. Aumentata la sorveglianza sui passeggeri con un maggiore utilizzo dei body scanner e sui bagagli. Strettamente monitorate le partenze per Israele, da sempre il nemico numero uno dei jihadisti che non riconoscono la legittimità dello Stato ebraico. Operazioni di «bonifica » sono state inoltre condotte sui velivoli delle compagnie aeree potenzialmente a rischio.
Analoga attenzione è stata riservata alle ambasciate, soprattutto a quella americana di Via Veneto a Roma, mentre la vigilanza nella Capitale è elevata vista la concomitanza tra crisi libica e beatificazione di Giovanni Paolo II. In ogni caso, le città italiane dovranno prepararsi a una vita un po’ più «blindata»in quanto il Comitato antiterrorismo ha predisposto elevata sorveglianza anche sulle sedi diplomatiche di Paesi coinvolti nella guerra in Afghanistan e in Libia, su luoghi di aggregazione e centri commerciali, porti, aeroporti e stazioni ferroviarie e della metropolitana.
La concentrazione sul fronte interno non implica deconcentrazione su quello estero. Mentre il Viminale sarà impegnato nello scrutinio di profughi e clandestini provenienti dal Maghreb, giacché elementi islamisti potrebbero mescolarsi ai disperati che ogni giorno si riversano sulle coste italiane, il ministero degli Esteri alzerà il livello di guardia sulle ambasciate italiane. Pur «senza lasciarsi andare ad allarmismi», il titolare della Farnesina ha evidenziato che si sta mantenendo «la guardia alta» sulla rete diplomatica.
Anche per le truppe italiane nelle missioni internazionali, hanno confermato fonti militari, la vigilanza è «ai massimi livelli» in quanto, specialmente in Afghanistan, le forze Isaf sono purtroppo quotidianamente oggetto di attacchi da parte dei ribelli jihadisti.
Ultima ma non meno importante la vigilanza sulla Rete. La Polizia postale ha disposto un’intensificazione dei controlli su siti Internet e forum allo scopo di prevenire possibili minacce anche via web.
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