Crisi, 340mila i poveri in Lombardia Dalla Chiesa 5 milioni ai disoccupati

CASA In più della metà dei casi il reddito dei beneficiari era precipitato sotto i 500 euro e assorbito dall’affitto

In coda alla mensa dei frati 25mila lombardi in più. Sono i nuovi poveri stimati così da un rapporto Ores (osservatorio regionale sull’esclusione sociale). Venticinquemila persone - anche italiane, molte sono donne divorziate - che stanno ingrossando le fila di chi stenta ad arrivare a fine mese: 340mila in regione nel 2008 (l’anno prima erano 315mila). «Non c’è futuro senza solidarietà» è invece il titolo del dibattito che si è tenuto ieri nella sede della Fondazione Cariplo, in occasione della presentazione del libro del cardinale Dionigi Tettamanzi che ha appunto questo titolo. L’argomento ha offerto l’occasione per presentare il primo bilancio del Fondo famiglia-lavoro creato dall’arcivescovo la notte di Natale. In sei mesi i contributi versati sono quintuplicati, passando da un milione a 4milioni e 647.357 euro. Oltre la metà, il 60 per cento di questa somma è già nelle tasche di 1.087 famiglie che ne hanno fatto richiesta. In media sono stati offerti 2.500 euro pro-capite.
«I destinatari sono nel 73 per cento dei casi uomini, con figli minori a carico (il 72 per cento) che in seguito alla perdita dell’unica fonte di reddito familiare si sono ritrovati spiazzati - ha spiegato il presidente del Fondo Luigi Testore - e in grave difficoltà ad affrontare spese come l’affitto, la rata del mutuo, la retta dell’asilo del bambino».
I capifamiglia che hanno chiesto aiuto sono sia italiani che stranieri (50 per cento), per oltre un terzo (36,5 per cento) hanno fra i 41 e i 50 anni. Sono stati licenziati (30 per cento), non è stato loro rinnovato un contratto a termine (29 per cento), sono in cassa integrazione (13 per cento). Sono operai specializzati o generici (61,2 per cento), disoccupati da meno di un anno (67,3 per cento).
Ha aggiunto Testore che «in oltre la metà dei casi il reddito di queste persone è precipitato sotto i 500 euro mensili. Ed è una situazione insostenibile se si pensa che solo il 25 per cento di questi vive in una casa popolare mentre il 43 per cento paga canoni di affitto sul libero mercato. I costi della casa stanno assorbendo la quasi totalità della loro capacità di spesa, in molti casi rischiano di superarla costringendoli a indebitarsi ulteriormente e entrando in una spirale che li spingerà sempre più in basso».
Il 22 per cento delle richieste di aiuto arriva da Milano città, un’identica percentuale dal comune di Sesto San Giovanni, il 14 per cento da Monza, il 13 per cento da Rho. Meno i bisognosi residenti nella cintura sud (da Melegnano l’8 per cento), zona prettamente agricola e in questo momento di crisi più propensa a offrire lavoro.
Fra i presenti alla tavola rotonda Carlo Maria Redaelli, vicario generale della diocesi che ha ricordato che «l’individuo non resta in piedi senza una rete di solidarietà: senza la solidarietà non c’è futuro né per i singoli né per la società». E ha aggiunto: «L’immagine più bella di solidarietà è quella del Duomo, non si sa chi lo abbia costruito, è il frutto di un lavoro comunitario. Per legge gli scultori non potevano “firmare” le statue del Duomo».
Il presidente della Fondazione Cariplo Giuseppe Guzzetti ha commentato: «Usciremo da questa crisi, come da ogni momento disperato. E la società avrà regole nuove. Il cardinale ci dice che le regole senza i tre valori fondamentali sono come un grattacielo senza fondamenta stabili. Senza solidarietà, sobrietà e giustizia non si può cambiare sul serio un welfare, Tettamanzi ha ribadito che la Costituzione si regge sui valori della solidarietà».

E a proposito del Fondo, Guzzetti ha aggiunto: «Incarna per davvero il principio della sussidiarietà, per questo abbiamo deciso di aderirvi. Ossia è un’iniziativa che non si sostituisce alle politiche esistenti, non vuol essere un alibi per le istituzioni. Gli enti pubblici non devono rinunciare alle loro responsabilità».

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