Ma davvero «senza il crocifisso negli edificistatali l’Italia sarebbe più giusta, più seria, migliore»? È la tesi di Sergio Luzzatto ne Il crocifisso di Stato, uscito ieri da Einaudi, che paragona il crocifisso a Pinocchio, il burattino di legno. Oltre Cristo in croce, Luzzatto insulta Natalia Ginzburg, il presidente Napolitano, scrittori, santi e ministri favorevoli al crocifisso nelle aule pubbliche, millenarie tradizioni, storie secolari di generazioni e popoli interi che si sono riconosciuti nel crocifisso. A suo dire un muro bianco ci darebbe un’Italia migliore. Conosciamo da oltre due secoli come sono stati riempiti i muri bianchi, spogliati da quel simbolo d’amore e civiltà: sogni totalitari e persecuzioni giacobine, utopie sanguinose e deliri di onnipotenza, tecnologia contro l’umano ed egoismi bestiali. Senza i simboli che ci ricordano la nostra umanità, la nostra carità e la connessione con le nostre origini, siamo in balìa del nulla, del vuoto o del peggio. Tutte le nostre città parlano di quella fede: rimuoviamo palazzi, piazze, chiese e opere d'arte cristiane? Eppure quelli sono i nostri civilissimi argini alla barbarie interna ed esterna che avanza. Perché non dovremmo esporre, mica imporre, un simbolo alto della nostra civiltà? Il crocifisso sul muro non offende nessuno e a nessuno impone di essere credente. È il nostro linguaggio comune. È vero, il crocifisso è stato usato anche per perseguitare i non credenti e condannare i Galilei e i Giordano Bruno; ma pure la libertà, l’uguaglianza e la fratellanza sono state usate per massacrare popoli e per condannare un chimico come Lavoiseur e un poeta come Andrè Chenier: le cancelliamo? Alla fine Luzzatto suggerisce di adottare l’idea di Amos Luzzatto: mettiamo nei luoghi pubblici la doppia elica del Dna, simbolo del genere umano.
Ma sì, riduciamo l’uomo a un ingranaggio genetico, privo di anima e di storia, di vita vissuta e di memoria, di umanità e di simboli sacri. Anzi facciamo un monumento allo spermatozoo. Che volete, io preferisco la civiltà di Guareschi, col suo don Camillo che parlava con Cristo in croce e l’ateo Peppone che lo rispettava di nascosto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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