I punti chiave
Quella di oggi sarà, per i famigliari delle vittime dell’Hotel Rigopiano, “una giornata intensa tra giustizia e verità”. Nel giorno del sesto anniversario della tragedia infatti, riprende il processo, ma al tempo stesso i parenti si sono dati, come ogni anno, appuntamento sul luogo della valanga, nell’ora della valanga. “Il destino - commentano dal Comitato vittime di Rigopiano - ha voluto che proprio il giorno del sesto anniversario sia stata fissata l'udienza in cui inizieranno le arringhe difensive degli avvocati degli imputati. Con il permesso del giudice ci allontaneremo per raggiungere il luogo della tragedia. Questa volta, tutti insieme, riuniti in un pullman, affronteremo il viaggio tra la rabbia per ciò che sentiremo in aula per discolpare i responsabili e il dolore nel ricordare i nostri cari”.
La tragedia della valanga
Il gennaio 2017 fu accompagnato da un insolito meteo: la neve avvolse l’Italia, e perfino alcune zone del meridione in cui non nevica quasi mai furono funestate da giorni e giorni di nevicate. La situazione era particolarmente difficile in Abruzzo, in cui il maltempo aveva isolato alcune comunità, spesso senza corrente in quei giorni, al buio.
L’hotel Rigopiano-Gran Sasso Resort si trovava a Farindola, in provincia di Pescara. Quel giorno nella struttura erano presenti 40 persone: 12 dipendenti e 28 clienti, tra cui alcuni bambini. Alle 15 tutti erano in procinto di andare via, l’albergo, per via della quantità di neve caduta e di alcune scosse di terremoto registrate in zona, doveva essere evacuato. Ma sarebbe giunta la comunicazione che le turbine spazzaneve non sarebbero arrivate sul posto prima delle 19. Alle 16.49 una slavina colpì l’hotel, travolgendolo con le sue 120mila tonnellate e spostandolo di 10 metri rispetto alla sua sede iniziale.
I soccorsi
Tra i problemi legati appunto alla neve e l’incredulità di chi prese le telefonate, i soccorsi giunsero ore più tardi. Due persone erano rimaste fuori dall’hotel Rigopiano: il tuttofare Fabio Salzetta e uno dei clienti Giampiero Parete. Quest’ultimo telefonò al suo datore di lavoro, urlando: “È caduto l’albergo”. Il datore di lavoro, a propria volta, allertò i soccorsi, ma pare non sia stato creduto.
Oltre alle due persone che si trovavano fuori dalla struttura, vennero salvate altre 9 persone: si trovavano per lo più nella sala biliardo e nella zona camino, mentre non ci fu nulla da fare per chi era in cucina o nella hall. Le vittime morirono per i traumi riportati, per il freddo e per l’asfissia, ma cercarono di resistere, lottarono per la propria vita. Uno di loro cercò di mettersi in contatto con l’esterno per ben 40 ore prima di spirare.
L’iter della giustizia
Sicuramente non ci fu correlazione tra i terremoti e la slavina: a giugno 2022 il tribunale si è pronunciato in tal senso. La macchina della giustizia dovrà vagliare eventuali responsabilità, a partire dalle possibili conseguenze della costruzione dell’albergo in quella zona.
Quella di oggi è la prima delle 6 udienze dedicate alle arringhe della difesa, mentre a febbraio ci saranno 3 udienze di replica. Il 17 febbraio è attesa, per il momento, la decisione del gup di Pescara Gianluca Sarandrea.
Sul banco degli imputati ci sono 29 persone e una società, e saranno giudicati con rito abbreviato per le accuse di disastro colposo, omicidio e lesioni plurime colpose, falso, depistaggio, abusi edilizi. Queste accuse sono rivolte, a vario titolo e tra gli altri, a membri di istituzioni, come Regione Abruzzo, Provincia di Pescara e Comune di Farindola, oltre che Prefettura. Per gli imputati, il procuratore capo Giuseppe Bellelli e i pm Andrea Papalia e Anna Benigni hanno chiesto 26 condanne per un totale di 151 anni e mezzo di reclusione. Solo per 4 soggetti è stata chiesta l’assoluzione.
Richiesta ad esempio la condanna di 12 anni per l'ex prefetto di Pescara Francesco Provolo, di 11 anni e 4 mesi per il sindaco Ilario Lacchetta e di 6 anni per l'ex presidente della Provincia Antonio Di Marco.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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