Sparò perché aggredito a martellate: poliziotto indagato per lesioni aggravate

L'agente che sparò all'aggressore col martello che stava colpendo lui e i colleghi alla stazione di servizio sull'autostrada Ivrea-Santhià è indagato come atto dovuto

Sparò perché aggredito a martellate: poliziotto indagato per lesioni aggravate
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Alla fine, il poliziotto che ha sparato per difendere i colleghi sulla bretella autostradale Ivrea-Santhià lo scorso 5 febbraio, è stato indagato. L'agente si trovava in una stazione di servizio con altri colleghi e ha notato un uomo che tentava di entrare in un'autovettura in sosta. Quando gli agenti si sono avvicinati, l'uomo, risultato poi essere un 26enne francese, ha estratto un martello dal giubbino e ha iniziato a colpire i poliziotti sul capo. Uno degli agenti si è trovato costretto a sparare per salvare se stesso e gli altri poliziotti dalla furia del francese, che è stato colpito in maniera non mortale alla gamba.

Ora, a quel poliziotto, è stato notificato l'avviso di garanzia. Un atto dovuto che lo costringerà a una lunga trafila legale che gli costerà parecchi soldi e avrà come conseguenza anche il blocco della carriera e degli avanzamenti di anzianità. "Puntuale come un orologio svizzero l’atto dovuto è arrivato. I colleghi aggrediti con un martello sono stati obbligati a difendersi e hanno dovuto sparare per fermare l’aggressore", ha commentato Stefano Paoloni, segretario generale del sindacato Sap della Polizia di Stato. "Siamo alle solite, non è stata fatta nessuna verifica dell’eventuale sussistenza di oggettive cause di giustificazione del reato e il collega ora dovrà affidarsi ai propri legali e ai propri periti per difendersi in merito a un fatto di servizio", prosegue Paoloni.

Per il poliziotto l'accusa è di lesioni aggravate per aver ferito l'aggressore, che con un coltello stava colpendo i colleghi colpevoli solo di avergli chiesto i documenti per l'identificazione. "Era di pattuglia, sia lui che l’altro operatore non solo avevano il dovere di fermare questa persona, che dopo avere causato un sinistro stradale aveva persino tentato di rubare un’auto, ma avevano anche il diritto di difendersi e lo hanno fatto con gli strumenti a loro disposizione", prosegue Paoloni, sottolineando il paradosso del caso. C'è tutta l'amarezza di chi si sente inerme davanti a un sistema ingiusto: "È inaccettabile che per fare il nostro dovere siamo noi a finire sotto processo. Ora il collega sarà obbligato a difendersi di tasca propria e sino a quando il processo non sarà concluso avrà pure la carriera bloccata".

Oltre il danno la beffa, verrebbe da dire davanti all'ennesimo poliziotto che finisce sotto indagine per aver fatto ciò per il quale è addestrato e pagato. Certo, prosegue Paoloni, l'atto dovuto "consente al collega di partecipare sin da subito a tutte le fasi del procedimento penale" ma dall'altra parte dovrà sostenerne da solo tutti i costi.

"Siamo certi che saprà dimostrare la correttezza del proprio comportamento e il nostro auspicio è che i tempi del processo penale siano rapidissimi", ha commentato Paoloni, che in conclusione del suo intervento ha sottolineato quanto "sia urgente l’approvazione del Ddl Sicurezza poiché contiene nuove norme relative alla tutela legale per fatti di servizio".

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