Renato Vallanzasca resterà nel carcere di Bollate: questa la decisione del Tribunale di Sorveglianza di Milano, che ha respinto la richiesta di differimento della pena, con detenzione domiciliare in una struttura adatta, avanzata dai legali dell'ex boss della Comasina per problemi di salute del loro assistito. Vallanzasca, che oggi ha 73 anni, 50 dei quali trascorsi dietro le sbarre, soffre da qualche anno di un decadimento cognitivo. Ed è questo il motivo per cui la difesa ha avanzato la richiesta di differimento della pena. I suoi avvocati Corrado Limentani e Paolo Muzzi si erano occupati di produrre una consulenza tecnica firmata da tre diversi neurologi, tra i quali il professor Stefano Zago, oltre che da un medico legale, con l'obiettivo di comprovare il fatto che Renato Vallanzasca soffra almeno da 4 anni di un decadimento cognitivo e che la detenzione in carcere abbia portato a un aggravarsi ulteriore delle sue condizioni di salute.
I giudici del Tribunale di Sorveglianza (presidente D'Elia, a latere Rossi e due esperti) hanno da un lato riconosciuto il decadimento cognitivo dell'ex boss della Comasina, così come"il lento e progressivo aggravamento del quadro clinico", ma dall'altro hanno specificato che esistono già delle terapie di tipo farmacologico e conservativo che possono consentire al 73enne di essere curato in carcere. Diversa, invece, la posizione espressa dai legali di Vallanzasca, secondo i quali le condizioni di salute del loro assistito risultano"incompatibili col carcere", luogo in cui non si possono "praticare le terapie di supporto cognitivo".
I giudici hanno altresì respinto sia il differimento pena "cosiddetto umanitario" che la richiesta di una perizia medico legale."Nel provvedimento", precisano ancora gli avvocati dell'ex boss della Comasina, "nulla viene rilevato sulla presunta pericolosità, esclusa dal fatto che il Tribunale di Sorveglianza, in diversa composizione nei giorni scorsi ha riattivato per lui i permessi premio in una comunità".
"Negare non solo la detenzione domiciliare ma anche la perizia mi sembra del tutto ingiustificato e disumano", ha affermato Corrado Limentani, come riportato da Ansa,"in quanto si impedisce a una persona, in carcere da 50 anni e chiaramente non pericolosa, che con tutta evidenza sta male
e continua a peggiorare, di potersi curare o almeno di rallentare l'aggravamento della propria patologia". Per tutti questi motivi, anticipa il legale, "faremo ricorso in Cassazione".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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