Continuano le indagini attorno alla figura di Thomas Matthew Crooks, il ventenne che sabato 13 luglio ha sparato a Donald Trump durante il comizio di Butler, in Pennsylvania. Gli investigatori sono al lavoro per comprendere le motivazioni che lo hanno portato a compiere quel gesto.
Al momento, la posizione politica di Crooks risulta poco chiara e vi è l’ipotesi che non volesse nemmeno colpire l’ex presidente nello specifico, ma di averlo scelto come bersaglio perché era “l’obiettivo di più alto profilo vicino a lui” e perché “il comizio era a un’ora di distanza da casa sua”. Gli investigatori hanno interrogato oltre 200 persone ed esaminato la cronologia delle ricerche del ventenne su Internet e sul cellulare. Secondo quanto riferito, l’attentatore aveva cercato online informazioni anche sul presidente Joe Biden e aveva sul telefono fotografie di figure di spicco di entrambi i partiti, repubblicano e democratico. Inoltre, aveva cercato sia il luogo del comizio di Trump, sia quello della prossima Convention nazionale del partito dell’attuale inquilino della Casa Bianca.
La conclusione degli investigatori, dunque, è che Crooks non fosse animato da un’antipatia specifica nei confronti del tycoon, ma che la decisione di sparargli sia stata determinata solamente dalla vicinanza geografica del candidato del Gop, che ha offerto un’opportunità più accessibile. “Sebbene non abbia raggiunto il suo obiettivo principale, l'attentatore ha avuto successo sotto molti aspetti perché si è avvicinato a qualcosa che nessuno aveva fatto per decenni”, ha affermato un funzionario federale alla Cnn, facendo riferimento all’assassinio di uno dei contendenti nella corsa alla Casa Bianca.
Prima della sparatoria, Crooks aveva anche cercato informazioni riguardo Ethan Crumbley, che nel 2021 ha ucciso a colpi di arma da fuoco quattro compagni di classe in una scuola superiore del Michigan. A Butler, però, il ventenne ha mirato direttamente a Trump e dunque non pare avesse come obiettivo il fare più morti possibili tra la folla. Non è ancora chiaro nemmeno quali piani avesse per l’esplosivo trovato nella sua auto, se usarlo come diversivo o per fare altre vittime.
Nel frattempo, procede in parallelo l’indagine sul Secret service condotta da entrambi gli schieramenti al Congresso.
L’agenzia responsabile della sicurezza di presidenti, ex presidenti e delle loro famiglie è infatti finita sotto accusa per aver permesso ad un uomo armato di avvicinarsi a poco più di 100 metri da Donald Trump e di aprire il fuoco contro di lui.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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