Il dipartimento di polizia di Minneapolis ha preso di mira in modo sproporzionato afroamericani e nativi americani e ha usato la forza in modo ingiustificato in molti casi, mentre tentava di far rispettare la legge: è quanto emerge dall'indagine promossa dal Dipartimento di Giustizia a seguito dell'uccisione di George Floyd. Indagine più politica che altro, che nei fatti non stravolge nulla e ripete cosa certa opinione pubblica voleva sentire dire. E ignora, soprattutto, i problemi della città che nel frattempo si sono fortemente aggravati grazie alla miopia del sindaco dem Jacob Frey e della sua amministrazione democratica.
"La città di Minneapolis e il dipartimento di polizia di Minneapolis sono impegnati in un modello o in una pratica di condotta che priva le persone dei loro diritti ai sensi della Costituzione e della legge federale", si legge nel rapporto del dipartimento di Giustizia. Il procuratore generale Merrick Garland ha annunciato i risultati venerdì a Minneapolis, accompagnato dal procuratore generale associato Vanita Gupta, dal sindaco di Minneapolis Jacob Frey e dal capo della polizia Brian O'Hara. "Come ho detto stamattina alla famiglia di George Floyd, la sua morte ha avuto un impatto irrevocabile sulla comunità di Minneapolis, sul nostro Paese e sul mondo", ha dichiarato Garland.
Cos'è cambiato rispetto a tre anni fa
Dalla morte di George Floyd il dipartimento di polizia di Minneapolis ha adottato diverse migliorie per evitare il ripetersi di episodi violenti. Oltre ad aver vietato la tecnica che ha soffocato e ucciso Floyd, la "knee-to-neck-move" - che consentiva agli agenti di trattenere il collo dei sospetti quando sono aggressivi o resistono all'arresto - sono state introdotte l’uso da parte degli operatori di polizia di tecniche e tattiche comunicative volte a saper gestire il confronto con un soggetto pericoloso o armato, limitando la violenza. Tra le misure adottate a Minneapolis anche l'obbligo per i poliziotti di indossare la "body camera" in maniera tale da poter visionare i filmati nel caso di gravi incidenti o di morti sospette. Ma c'è anche un lato oscuro nella vicenda, che non viene raccontato.
Il rovescio della medaglia
Il rapporto del dipartimento di Giustizia si limita a puntare il dito contro la polizia di Minneapolis, senza però considerare il rovescio della medaglia e il fallimento della campagna Defund the Police. Criminalizzare la polizia e tagliare i budget, infatti, ha portato a dei risultati disastrosi, elencati anche dal New York Times. Il quotidiano di orientamento liberal sottolinea che tre anni dopo l'omicidio di Floyd i problemi di pubblica sicurezza rimangono irrisolti. Mentre si discuteva sul futuro della polizia in città, molti agenti hanno lasciato il dipartimento. L'attenzione mediatica di questi anni ha provocato in molti agenti ansia e stress, e molti in cura per disturbo da stress post-traumatico. Attualmente il dipartimento di polizia di Minneapolis conta 585 agenti, in netto calo rispetto ai 912 del 2019.
I crimini violenti in città in tre anni sono aumentati vertiginosamente. "La violenza delle bande - sottolinea il New York Times -una volta un problema modesto a Minneapolis, è diventato un problema talmente grande che i pubblici ministeri federali hanno accusato 45 persone sospettate di essere membri di una gang". Non solo. Molti residenti hanno rinunciato a prendere i mezzi pubblici - luogo di ritrovo per tossicodipendenti e spacciatori - poiché non si sentivano sicuri. In ascesa anche i furti d'auto. All'inizio di giugno, a Minneapolis sono stati rubati più di 4.100 veicoli, quasi il doppio rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso.
Anziché migliorare, dunque, la situazione sul fronte sicurezza in città da tre anni dalla tragica morte di George Floytd è drasticamente peggiorata. Con buona pace del dipartimento di Giustizia e di un'indagine miope e ideologica.
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