Gli Stati Uniti d'America si stanno espandendo "silenziosamente": senza combattere guerre, senza conquistare terre, senza issare bandiere o aggiungere stelle per nuovi stati alla celebre Stars and Stripes. Eppure da dicembre quasi un milione di chilometri quadrati del globo - approssimativamente tre volte la superficie dell'Italia - sono entrati sotto il dominio di Washington. Stiamo parlando di aree marine, dette anche offshore area; lande sommerse direttamente collegate all'America continentale che possono celare nelle loro profondità importanti tesori naturali.
Un’America più grande nell'Artico e negli oceani
A stabilire l’espansione e annunciarla al mondo è stato il Dipartimento di Stato Americano che, in base alla Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del mare, ha rivendicato i suoi diritti sulla piattaforma continentale: ossia quella parte del fondale marino su cui uno stato costiero può esercitare diritti sovrani riguardanti l'esplorazione e lo sfruttamento delle risorse naturali.
Essi comprendono, come ci si poteva aspettare, giacimenti di petrolio e di gas, terre rare e altre risorse preziose, dunque sfruttabili dall'economia di una potenza mondiale che deve fare i conti con il costo in crescita delle materie prime e la loro futura scarsità. La piattaforma continentale "legale" si può estendere per una distanza di 200 miglia nautiche dalla costa emersa dello stato che rivendica la propria sovranità, o anche oltre se la piattaforma si estende naturalmente oltre quel limite. E in forza di questa convenzione gli Stati Uniti hanno incluso nel proprio territorio sette aree marine.
Esse sono in prossimità dell'Artico - ambita aerea strategica già crocevia di nuove rotte commerciali e ipotetica zona di tensione per via dell'incrocio d'interessi di grandi Potenze globali come Russia e Cina; dell'Atlantico; del Mare di Bering; del Pacifico - seconda area del globo al centro di contese e tensioni con la Cina; delle isole Marianne, e in due aree del Golfo del Messico. Il Dipartimento di Stato degli Stati Unici ha affermato che i limiti che delineano di dominio esclusivo sono già stati "spostati" di circa 360 chilometri dalle proprie coste. Secondo i dati diffusi l'area più vasta tra quelle annesse si troverebbe proprio nell'Artico.
Una lunga missione esplorativa
Secondo il diritto internazionale e la Convenzione di Montego Bay del 1982, sono attribuiti i diritti di sfruttamento economico allo Stato costiero anche sulla suddetta "piattaforma continentale". Ciò fa sì che gli stati a cui "appartengono piattaforme continentali" possono sfruttare in modo "esclusivo risorse minerarie presenti sulla superficie e nel sottosuolo di tali piattaforme". Ora, a 40 anni dal trattato che la Casa Bianca riconosce ma non è mai stato ratificato dal Congresso, il governo statunitense ha deciso di sfruttare questo diritto ed estendere i propri confini come esso prevede.
"Sono state necessarie 40 missioni in mare aperto andando ad esplorare anche aree dove non era mai stato fatto prima. Una ricerca che ha permesso anche di scoprire intere catene montuose sottomarine di cui non si conosceva l'esistenza", ha dichiarato il vertice del dipartimento di Stato, rivelando che l'esplorazione ha avuto inizio nell'ormai lontano 2003. Venti anni di esplorazioni dunque, condotte con un fine "segreto" per ottenere attraverso gli studi sulle profondità, i dati raccolti in campo geologico, le ricerche sulle caratteristiche geofisiche di fondali marini e del sottosuolo, la precisa mappatura delle aeree offshore per giungere alla conclusione che "spostare i confini" per controllare queste aeree era la mossa giusta da fare.
Nelle aeree dell'espansione silenziosa potrebbero certamente celarsi importanti giacimenti delle risorse più fondamentali e ambite sul nostro pianeta.
Risorse che forse potranno essere raggiunte per merito di nuove tecnologie, consentendo agli Usa - che nel 2023 si sono svegliati "più grandi" a nostra insaputa - un nuovo ulteriore vantaggio economico nella competizione globale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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