Merz sogna. Ma c'è il rebus coalizione

Cdu favorita alle urne domani. Spd secondo partito, può servire una terza forza

Merz sogna. Ma c'è il rebus coalizione
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C'è un dato che meglio di altri spiega l'attuale politica tedesca: per la prima volta da quando si fanno i sondaggi nessuno tra i candidati alla Cancelleria ha un tasso di gradimento positivo; se si sommano giudizi favorevoli e stroncature, tutti i politici di primo piano finiscono abbondantemente sotto zero.

Perfino il favoritissimo, Friedrich Merz della Cdu, piace solo al 25% degli elettori. Un po' è colpa sua: alto (1,95), rigido e secco come un chiodo, non spicca per forza comunicativa. Il passato e i soldi da banchiere (è stato presidente di Blackrock in Germania) non lo aiutano in un Paese che resta sobrio ed egualitario.

A fare la differenza è però il momento della Germania: l'economia è vicina alla recessione tecnica (-0,2% negli ultimi mesi del 2024) e l'intero modello di sviluppo sembra ormai inadeguato ai tempi; l'ordine internazionale nel quale gran parte dei cittadini si riconosce è stato messo sottosopra dalla guerra in Ucraina e dalla spregiudicatezza di Donald Trump; gli ultimi attentati compiuti da immigrati hanno seminato l'inquietudine nelle strade di città solitamente tranquille.

A trarre vantaggio dalla situazione è stata Alice Weidel, leader indiscussa di Alternative Für Deutschland: gli ultimi sondaggi dicono che nelle elezioni di domani prenderà tra il 20 e il 21% dei voti. Tanti, ma dopo la conferma di Merz, che ha escluso ogni tipo di collaborazione con la destra estrema, destinati a rimanere all'opposizione.

I giochi per il governo si faranno tra i democristiani di Cdu/Csu (secondo le ultime stime tra il 28 e il 29%) e i socialdemocratici della Spd (possibile terza forza assestata tra il 15 e il 16%). Dal punto di vista della stabilità, secondo molti analisti, una Grosse Koalition sarebbe il minore dei mali: in passato le due tradizionali forze popolari hanno dimostrato di saper governare insieme. Il problema è che l'incrocio dei dati elettorali rende del tutto plausibile che rossi e neri (il colore dei democristiani) non riescano ad avere una maggioranza e che debbano appoggiarsi anche a un altro partito. E qui le previsioni dei media tedeschi si fanno cupe: la recente esperienza della coalizione «semaforo» a tre forze (rossi della Spd, Verdi e gialli liberali di Fdp) viene considerata una specie di disastro di immobilismo e impotenza. Tutto dipenderà da come si comporteranno Verdi, oggi dati al 13/14%, e liberali, che faticano ad arrivare alla soglia del 5% necessaria per entrare in Parlamento, a cui si aggiunge la Linke, l'estrema sinistra a cui viene attribuito circa l'8%. A seconda dei risultati potrebbero aprirsi ipotesi diversissime tra loro. E a complicare le previsioni sui seggi è il fatto che il voto è il primo dopo la riforma che ha cercato di semplificare il sistema elettorale in uso fino al 2021, quando, per la coesistenza di mandato diretto e listini proporzionali, i deputati avevano raggiunto il numero record di 736.

Guardando alle previsioni le due formule più gettonate sono la cosiddetta coalizione Kenya (il riferimento è ai colori della bandiera: democristiani, socialdemocratici e verdi) e la coalizione Germania (democristiani, socialisti e liberali). In tutti i casi si parla di settimane se non mesi di trattative: un governo operativo non si avrà prima di aprile/maggio. E questo se si escludono sorprese sempre possibili, visto che la percentuale degli indecisi resta alta.

Per tenersi le mani libere il probabile cancelliere Merz ha preferito condurre una campagna all'insegna dell'ambiguità: sulla necessità di rivedere il limite al debito (dove avrebbe bisogno di una maggioranza qualificata visto che si tratta di una riforma costituzionale), sullo stop alle politiche green che paralizzano l'industria, sul completamento dell'unione bancaria (lui si dichiara favorevole ma

allo stesso tempo è contrario all'offerta dell'Italiana Unicredit su Commerzbank). Nessuno è sicuro di quello che vuol fare in concreto. E questo contribuisce ad aumentare la sensazione di incertezza che circonda il voto.

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