
«Uccisi a mani nude», «assassinati a sangue freddo dai terroristi» di Hamas. Sarebbe questa la sorte toccata ai piccoli Bibas, Kfir 10 mesi e Ariel 4 anni, rapiti il 7 ottobre nel kibbutz di Nir Oz dai terroristi di Gaza, che in una delle bare consegnate giovedì a Israele, tramite la Croce rossa, non ha restituito il corpo della madre Shiri, ma il cadavere di una donna di Gaza. L'esito degli esami dell'istituto forense Abu Kabir di Tel Aviv sui cadaveri dei quattro ostaggi-simbolo, i primi a tornare senza vita dalla Striscia, restituisce dopo una notte di indagini un resoconto ben diverso dagli annunci diffusi dagli estremisti islamici e ancora più agghiacciante. La morte dei due bambini non sarebbe avvenuta sotto i bombardamenti israeliani, come dichiarato i terroristi, ma letteralmente per mano degli islamisti. I decessi risalgono a oltre un anno fa, non più tardi del novembre 2023, spiegano le autorità israeliane. Che puntano il dito sulla mancata restituzione del corpo di mamma Shiri. «Una scioccante e orribile violazione della tregua», per il presidente israeliano Isaac Herzog e per gli Stati Uniti, «un nuovo punto basso, una malvagità e una crudeltà senza paragoni», per l'ambasciatore israeliano all'Onu, Danny Danon. Solo nella serata di ieri, l'annuncio di Al Jazeera: «Hamas ha consegnato il cadavere» di mamma Bibas alla Croce Rossa, circostanza che attende la conferma dell'esercito israeliano.
«Giuro che non avrò pace finché i selvaggi che li hanno giustiziati non saranno consegnati alla giustizia - promette Benjamin Netanyahu, che parla di «cinismo e crudeltà senza limiti» - Non meritano di camminare su questa terra. Niente mi fermerà. Niente». «Pagheranno un prezzo», giura il primo ministro
Le ultime notizie agitano Washington, che chiede di riavere anche i corpi di quattro americani ancora a Gaza e il ritorno di un altro statunitense. «Devono rilasciare tutti o affronteranno l'annientamento totale», tuona Adam Boehler, inviato di Donald Trump per gli ostaggi. Anche se poi il presidente Usa, che accusa i terroristi di «barbarie», spiega di lasciare la decisione - tregua o guerra - a Netanyahu.
È atteso per oggi il rilascio degli ultimi sei rapiti in vita dei 33 la cui restituzione è prevista entro la fine della prima fase della tregua, il 2 marzo, a sei settimane dalla firma dell'accordo. In cambio, saranno rilasciati 602 palestinesi, di cui 50 ergastolani. Ma è evidente che gli ultimi sviluppi minacciano l'avvio della seconda fase di cessate il fuoco. Hamas si era difesa in giornata sul caso di mamma Shiri segnalando «un possibile errore o una sovrapposizione dei corpi, forse dovuta al fatto che l'occupazione (israeliana) ha bombardato il luogo in cui si trovava la famiglia con altri palestinesi». Ma il ministro delle Finanze israeliano Bezalel Smotrich chiede che «gli abusi non passino sotto silenzio» e invoca «la distruzione di Hamas»: «È proibito rinviarla».
In Israele, intanto, è massima allerta dopo le bombe esplose su tre bus giovedì notte e altri due ordigni su altrettanti mezzi che avrebbero dovuto deflagrare stamattina in due sobborghi di Tel Aviv, in contemporanea. Due israeliani sono stati arrestati e interrogati dallo Shin Bet.
Netanyahu ha visitato ieri il campo profughi di Tulkarem, in Cisgiordania, culla dove sarebbe stata orchestrata la strage scampata e ha promesso che intensificherà le operazioni nel West Bank per eliminare le roccaforti del terrorismo.
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