È morto all’età di 76 anni O. J. Simpson, l’ex campione di football americano, passato poi al cinema, divenuto anche protagonista del “processo del secolo” per l’omicidio dell'ex moglie Nicole Browne e dell’amico Ronald Lyle Goldman. “Il 10 aprile, nostro padre, Orenthal James Simpson, ha perso la sua battaglia contro il cancro, era circondato dai figli e nipoti”, ha scritto la famiglia in un post su X (ex Twitter). Simpson fu al centro di un caso che è ricordato come uno dei più celebri nella storia giudiziaria degli Stati Uniti. Era il 12 giugno del 1994, quando l’ex moglie Nicole Brown Simpson e il suo amico Ronald Lyle Goldman furono ritrovati privi di vita fuori dalla residenza di Nicole a Brentwood, Los Angeles.
L’omicidio di Nicole Browne
Nicole Browne e Simpson si erano separati da poco quando il corpo di lei fu trovato davanti al suo condominio all’875 di South Bundy Drive, una via tranquilla di Brentwood, il distretto più ricco di Los Angeles. L’ex moglie di Simpson e Ronald Lyle Goldman vennero ritrovati in un lago di sangue: lei aveva ricevuto 12 coltellate e lui 20.
Entrambe le vittime erano morte diverse ore prima dal ritrovamento della polizia e i figli di Nicole e O.J. dormivano in casa nel momento dell’omicidio. Nessun testimone assistette al crimine. Tuttavia, gli indizi raccolti sulla scena del delitto portavano le forze dell’ordine a sospettare di Simpson, su cui, peraltro, gravavano anche precedenti denunce da parte della moglie per maltrattamenti domestici. Infatti, i due si erano sposati nel 1984 e già nel 1989 era stato accusato di violenze domestiche, prima che lei – nel 1992 – aveva chiesto il divorzio.
La fuga in diretta tv e l’arresto
Come se non bastasse, pochi giorni dopo l’omicidio, O. J. si rese protagonista di un clamoroso inseguimento. Era il 17 giugno, quando due agenti di polizia suonarono il campanello per arrestarlo, Simpson uscì dalla porta sul retro e salì a bordo della sua Ford Bronco bianca per scappare. Insieme a lui c’era l’ex compagno di squadra nei Buffalo Bills Al Cowlings. Con sé portò anche una pistola, il passaporto e 8.700 dollari in contanti.
Così, la vettura – mentre sfrecciava lungo l’autostrada Interstate 405 della città americana - venne inseguita da una ventina di volanti ed otto elicotteri. La fuga durò 9 ore e venne trasmessa in diretta da tutti i network al posto della finale Nba, garantendo ai broadcaster statunitensi 95 milioni di spettatori.
Il processo e l’assoluzione
Anche il processo, passato alla storia come “il processo del secolo” durò un anno e venne trasmesso in tv, attirando l’attenzione di milioni di persone negli Stati Uniti e nel mondo. La vicenda scatenò riflessioni e dibattiti sul tema del razzismo (uno dei punti su cui fece leva la difesa di Simpson, in quanto i poliziotti che lo arrestarono erano bianchi), sul genere, sugli abusi domestici e sulla cattiva condotta della polizia, dividendo molto l’opinione pubblica. Inoltre, la difesa – e, in particolare, il suo avvocato Johnnie Cochran – con lo slogan “If it doesn’t fit, you must acquit”, tradotto: “Se non calza, si rilascia”, cercò di dimostrare che i guanti del delitto (trovati dal detective Mark Fuhrman all’interno della villa con uno dei due impregnato del sangue di Nicole) erano troppo stretti. Cercando di provare, dunque, che non erano i suoi, in quanto troppo piccoli per la sua taglia. Tuttavia, erano guanti extra large, ma l’usura li aveva ristretti.
Per tutti questi motivi, nel verdetto del 3 ottobre del 1995, Simpson è stato dichiarato innocente, destando grande scalpore.
Due anni dopo, nel 1997, però, una giuria separata del processo civile, per lo stesso delitto, lo ritenne responsabile delle morti e gli ordinò di pagare 33,5 milioni di dollari ai familiari delle vittime. Processato per altre vicende giudiziarie, O. J. Simpson è uscito di prigione nell'ottobre 2017 per scontare i successivi anni in libertà vigilata.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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