Ora il #MeToo travolge una donna: bufera in Danimarca sulla leader dei sindacati

Bufera su Lizette Risgaard, 62 anni, dimessasi dalla presidenza dell'unione sindacale danese dopo che alcuni collaboratori maschi l'hanno accusata di molestie sessuali. "Nelle molestie non c'entra il genere, ma il potere", spiega un esperto

Ora il #MeToo travolge una donna: bufera in Danimarca sulla leader dei sindacati

"È stata una delle decisioni più difficili della mia vita". È bufera, in Danimarca, su Lizette Risgaard, che ha appena dovuto dimettersi dalla carica di presidente dell'organizzazione principale dei sindacati, la Fagbègèstens Hovverdorganisation (Fh). Secondo quanto emerso nei giorni scorsi, la 62enne avrebbe molestato alcuni giovani dipendenti, palpeggiandoli e costringedoli a ballare con lei in maniera troppo "intima". "Per me è sempre stato decisivo che il movimento sindacale e la nostra lotta siano in prima linea. Ma ora posso affermare che le informazioni che vengono diffuse da più parti ostacolano quella stessa lotta. Ecco perché ho deciso di dimettermi da presidente di Fh" scrive Risgaard su Facebook. Esploso il caso delle molestie nei giorni scorsi, all'interno dei sindacati era stata avviata un'indagine indipendente al fine di stabilire la vericidità delle accuse mosse contro la presidente. Ma pian piano la fiducia verso la leader è venuta a mancare. C'è anche chi ipotizza, tuttavia, che dietro vi sia una ritorsione politica, poiché nei mesi scorsi Risgaard si era espressa contro la decisione del governo di abolire una festività, la Storebededag, il giorno della preghiera, per sovvenzionare le nuove spese militari da destinare all'Ucraina.

Danimarca, le dimissioni della leader dei sindacati

La svolta è arrivata nella giornata di sabato, quando una parte delle sigle sindacali ha preso le distanze da Risgaard, invitandola a dimettersi. Tra questi, secondo quanto riporta la stampa danese, il secondo più grande sindacato dello stato, l'Hh, il quale ha annunciato pubblicamente che Lizette Risgaard non era più una persona che godeva della fiducia dell'organizzazioni. Poco dopo, le associazioni sindacali che rappresentanto insegnanti, farmacisti e altre sigle, hanno seguito l'esempio dell'Hk, e hanno chiesto alla presidente di dimettersi e fare un passo indietro, diventato a quel punto inevitabile. Nel suo post pubblicato su Facebook, Lizette Risgaard sottolinea di essere "orgogliosa" di tutto ciò che ha "contribuito a cambiare e migliorare. Essere il vostro rappresentante, dei salariati danesi e dell'intero movimento sindacale danese è stato l'onore della mia vita lavorativa". Risgaard è stata sostituita da Morten Skov Christiansen, presidente ad interim di Fh, il quale osserva che "sono stati giorni difficili per tutti noi e io, come tanti altri, sono naturalmente molto colpito dalla situazione. Ho un grande rispetto per la decisione di Lizette".

Una donna protagonista di un caso di "#MeToo"

No, questa volta non è un maschio bianco eterosessuale ad essere ritenuto responsabile di un caso di molestie sessuali. In questo caso tocca a una delle donne più potenti e influenti di Danimarca, Lizette Risgaard, descritta come carismatica e molto autoritaria, presidente dell'unione dei sindacati dal 2019. In diverse occasioni, secondo quanto rivelato da un'inchiesta di Berlingske ed Ekstra Bladet sulla base di un numero importante di interviste a giovani dipendenti (ed ex) hanno anno lavorato per Risgaard, la presidente sarebbe stata responsanile di un comportamento inappropriato e di vere e proprie molestie nei confronti di giovani collaboratori. Almeno 8. È uno dei primi casi che ha così clamore mediatico che coinvolge una donna in una posizione di potere e che apre il dibattito sulle molestie che subiscono non solo le donne, ma anche gli uomini. Secondo Kenneth Reinicke, ricercatore presso la Roskilde University, questi casi esistono più di quanto si creda ma è più difficile che gli uomini prendano coraggio e denuncino i possibili abusi.

Secondo Ditte Darko, psicologa, le molestie non hanno nulla a che fare con il genere, ma con il potere. Non si tratta di essere uomo o donna, ma di avere potere, osserva, smontando così uno dei luoghi comuni del femminismo liberal.

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