Rom e stranieri alleati per rapinare gli habituè della movida: 4 arresti a Milano

Le zone della movida milanese erano area di caccia preferita dalla banda e il ricco bottino, dai Rolex ai gioielli, finanziava un’organizzazione criminale attiva anche all’estero: sgominato un giro dal valore di oltre 500mila euro

Rom e stranieri alleati per rapinare gli habituè della movida: 4 arresti a Milano
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Individuavano le vittime tra i tavolini dei bar affollati dei locali più ‘in’ di Milano per poi accerchiarle e derubarle. Calci e pugni per ottenere gioielli, catenine e soprattutto orologi di lusso. Un lavoro "sporco" affidato a bande di stranieri in complicità con comunità rom dei campi campi milanes, che serviva a finanziare una vera e propria filiera del crimine dedita alla ricettazione e alla vendita di oggetti contraffatti, attiva tra il Nord Italia e l’estero. Le indagini hanno condotto questa notte a cinque misure cautelari: per quattro di loro, tutti italiani tra i 25 e i 50 anni, sono scattati gli arresti domiciliari, per il quinto l’obbligo di dimora. Quasi tutti avevano precedenti penali.

Il Modus Operandi

Si tratta di un modus operandi ben collaudato: già ad ottobre 2021 i carabinieri avevano arrestato quattro senegalesi impegnati nell’area di Corso Como, a Milano, e sequestrato merci rubate per un valore di 80mila euro. Dai vertici arrivava l’incitazione a fare di più: “Datevi da fare” chiedevano i boss per avere disponibilità immediata di beni da rivendere. Il ricavato si univa a borse e portafogli di brand di lusso, pellicce e diversi capi d’abbigliamento d’alta moda, tra cui anche occhiali da sole e profumi, tutti contraffatti, per un giro d’affari di circa 500mila euro. Dai carabinieri sono state sequestrate anche numerose banconote fac-simile, utilizzate per commettere ulteriori reati come truffe di vario genere. I capitali venivano poi reinvestiti in altre attività criminali in Italia e all’estero, tra cui anche finanziamenti in bitcoin e crypto valute.

L’organizzazione

Si tratta di una vera e propria filiera dell’illegalità. A capo dell’organizzazione un uomo già noto alle forze dell’ordine per reati predatori, e la sua compagna, la sua ‘consigliera’. Dal nucleo centrale della squadra si sviluppavano due filoni: una coppia impiegata come corriere della merce contraffatta proveniente in gran parte dalla Francia; l’altro impiegato nel gestire gli oggetti recuperati a Milano e riposizionarli sul mercato.

Ai ‘dipendenti’, oltre che i guadagni dalle vendite, venivano corrisposte delle ricompense. Il lavoro sporco, quello delle aggressioni e delle rapine, era affidato a bande di stranieri in complicità con comunità rom dei campi campi milanesi.

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