Tumore, 800mila italiani cambiano regione per curarsi

La Calabria è la regione che più risente del fenomeno ma l'Aiom vuole creare una Rete Oncologica per provare a limitare quanto più possibile la migrazione

Tumore, 800mila italiani cambiano regione per curarsi

Secondo l'Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) sarebbero circa 800.000 gli italiani costretti a spostarsi dalla propria città natale per curarsi dal cancro.

Le regioni più colpite dalle migrazioni sono quelle del Sud Italia in particolare la Campania con 55.000 persone, la Calabria con 52.000 e la Sicilia con 33.000 pazienti. Secondo l'Aiom la Calabria presenta una situazione molto preoccupante perché il 62% dei pazienti con tumore del polmone e il 42% delle donne malate di tumore al seno migrano verso altre regioni per potersi curare. Lombardia, Lazio ed Emilia-Romagna le regioni più richieste ma i calabresi vanno molto spesso anche negli ospedali della Basilicata o della Sicilia.

La migrazione sanitaria in Calabria raggiunge il 37% e a questo si aggiunge un 10% di pazienti che si ricoverano in ospedali extra-regione per la chemioterapia. La proposta è quella di creare una Rete Oncologica della Calabria e dei Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali (Pdta) per limitare almeno in parte il fenomeno.

Carmine Pinto, presidente nazionale dell'Aiom, ha voluto fare chiarezza sulla situazione: "Vogliamo collaborare con le istituzioni per risolvere quanto prima questa situazione, che ha un impatto negativo sulla qualità delle cure. La riorganizzazione dell'offerta attraverso la Rete porterà anche risparmi per il sistema e una razionalizzazione sostanziale delle risorse. Il divario nella qualità dell'assistenza rispetto alle altre regioni riflette la scarsa fiducia dei cittadini calabresi nei servizi locali.

Il recupero della cosiddetta mobilità 'passivà richiede il rafforzamento degli organici, implementazione dei programmi di screening, investimenti strutturali e tecnologici e facilità di accesso alle prestazioni con abbattimento delle liste di attesa. La Rete dovrà prevedere anche una suddivisione dei ricoveri per intensità di cura, oggi infatti gran parte della mobilità riguarda casi di bassa e media complessità".

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