La guerra ideologica che si combatte attorno ai temi bioetici non conosce pause. L'aborto è uno dei fronti più caldi. In Italia, dopo anni, è stato riaperto il dibattito sulla reale applicazione e/o sulla messa in discussione della legge 194, ma sono le idee diffuse in certi ambienti frequentati da intellettuali a spaventare chi ritiene che la vita sia sacra e inattaccabile sin dal suo concepimento fino alla morte naturale. A denunciare la pericolosità di chi propone una forma di pratica abortiva successiva, in linea temporale, alla venuta al mondo di un essere umano, è stata la dottoressa Silvana De Mari, in un pezzo pubblicato sull'edizione odierna de La Verità.
Si chiama "aborto postnatale" e consiste, in estrema sintesi, nel praticare l'aborto su un neonato o su un bambino già venuto al mondo da più di qualche anno. A rilevare, per coloro che sono favorevoli a questa prassi, sono le condizioni di salute della persona sottoposta a questa pratica, ma pure le conseguenze che la malattia del figlio procura nella sfera psichica della madre. Per quelli come Peter Singer, che è uno dei propagandatori di questa teoria, l'emofilia - dice la De Mari - è una delle patologie in funzione delle quali si potrebbe procedere senza colpo ferire per mezzo di quello che la dottoressa non esita a chiamare "infanticidio". Se ne parlerà, magari, al Congresso mondiale delle famiglie di Verona, dove molte sigle pro life si sono date appuntamento per la fine di marzo, pure con lo scopo di segnalare l'avanzata di certa cultura tanto buonista quanto rovinosa per la visione contemporanea della bioetica. Lo scientismo starebbe oltrepassando il piano del buon senso. E tra le istanze portate avanti da chi, basandosi solo su dati di carattere scientifico, sembra abbandonare il concetto di persona umana per come lo abbiamo conosciuto, c'è l'ideologia "no kids", cioè quella disponibile alla promozione dell'aborto postnatale. Che è una pratica, peraltro, che ha già conosciuto una certa diffusione nell'Europa del nord, dove ha preso piede pure una certa facilità di comminare l'eutanasia.
Malattie genetiche, persone venute al mondo con patologie non riscontrate nelle diagnosi prenatali, esseri umani con problemi sorti poco dopo essere nati: questi sono, stando alla visione degli abortisti prenatali, i casi
su cui si potrebbe discutere. "Aborto prenatale" - segnala sempre la De Mari - è una definizione che fa meno paura, magari perché condita dal carattere scientifico, di un più diretto, e forse più veritiero, "infanticidio".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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