Le accuse della Finanza alla Mare Jonio: "Dovevano rivolgersi ai libici"

La Procura di Agrigento manda a Lampedusa i propri uomini per accertare la situazione: la Mare Jonio è sotto sequestro, saranno i magistrati a decidere se dare luogo alle accuse della Finanza od archiviare l'inchiesta

Le accuse della Finanza alla Mare Jonio: "Dovevano rivolgersi ai libici"

Sono giornate nuovamente frenetiche quelle che si vivono all’interno del quinto piano del tribunale di Agrigento, lì dove sono situati gli uffici della procura della città dei templi.

In primo luogo perché a livello logistico, quando occorre seguire un’indagine a Lampedusa, occorre organizzarsi per tempo non senza dispendio di energie e risorse: per raggiungere la più grande delle Pelagie da Agrigento nel più breve tempo possibile, bisogna prendere una nave dal porto di Porto Empedocle ed affrontare una navigazione di più di dieci ore, oppure in alternativa fare due ore di strada per recarsi all’aeroporto di Palermo e prendere il primo volo disponibile per l’isola.

Proprio per questo motivo, tra le altre cose, non è possibile andare e venire in poco tempo da Lampedusa e dunque serve studiare nei minimi particolari programmi e dettagli della trasferta ed evitare quindi più viaggi. Ed è lungo questo asse Agrigento – Lampedusa, logisticamente complicato da tenere unito, che gli uomini della procura stanno vagliando la posizione della Mare Jonio e dell’equipaggio.

La nave, come si sa, è sotto sequestro da alcuni giorni con l’accusa di favoreggiamento all’immigrazione clandestina in Italia: un provvedimento giunto a seguito delle verifiche da parte della Guardia di Finanza, che trasmette dunque successivamente gli atti alla procura di Agrigento.

I magistrati arrivati dalla città dei templi, stanno cercando di acquisire elementi utili per le indagini. Alla base delle accuse, vi è la circostanza secondo cui la Mare Jonio avrebbe dovuto mettersi in contatto con la Guardia Costiera libica e non con la sala operativa di Roma. Questo perché il salvataggio del barcone con 27 migranti a bordo, effettuato alcune ore prima che la Guardia di Finanza scortasse a Lampedusa l’imbarcazione, avviene in acque di competenza di Tripoli.

L’equipaggio non è in stato di fermo, anche lo stesso comandante Massimiliano Napolitano è libero ma lui così come gli altri responsabili a bordo della Mare Jonio devono tenersi a disposizione e dunque per il momento rimangono sull'isola.

La procura di Agrigento ha davanti a sé due ipotesi: confermare il sequestro della nave, con conseguente apertura dell’inchiesta, oppure archiviare. Per questo i magistrati presenti a Lampedusa devono al più presto acquisire tutte le informazioni utili per accertare al meglio le dinamiche e prendere una decisione.

Secondo i vertici della Mediterranea Saving Humans, l’Ong che utilizza la Mare Jonio a largo delle coste libiche, le azioni poste in essere dall’organizzazione non hanno nulla di irregolare: “Ci avevano detto di parlare con i libici – afferma Alessandra Sciurba, portavoce dell’Ong – Ma con quali libici? Lì è in corso una guerra. Se questa è l’accusa, per noi è una medaglia”.

È la seconda volta che vicende riguardanti la Mare Jonio scompaginano le agende ed i programmi della procura di Agrigento: due mesi fa l’inottemperanza all’alt della Guardia di Finanza di entrare in acque territoriali italiane, dà vita al primo sequestro dell’imbarcazione, da cui nasce l’inchiesta che nei giorni scorsi porta proprio ad Agrigento Luca Casarini.

Poi il dissequestro con il ritorno in mare dell’imbarcazione che, come detto, nei giorni scorsi porta altri migranti a Lampedusa. Da parte loro, i membri dell’Ong sopra citata appaiono sicuri di poter tornare a breve a largo della Libia. Ma intanto nella più grande delle Pelagie, così come ad Agrigento, si aspettano decisioni in merito da parte della procura.

Comunque vada, si potrebbe creare un importante precedente: se i magistrati agrigentini confermano il sequestro, allora vale il principio fondante delle accuse della finanza secondo cui occorre rivolgersi alla Guardia Costiera libica e

non italiana in caso di salvataggio a largo del paese africano. Diversamente, verrebbero riconosciute le istanze dell’Ong, secondo cui la Libia è in guerra e le sue autorità non possono accogliere migranti appena salvati.

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