Adesso "mai più" possono dirlo solo gli ebrei

Nel mondo cresce l'ondata antisemita e la minaccia di cancellare Israele. Tanto da far pensare a una nuova Shoah

Adesso  "mai più" possono dirlo solo gli ebrei

Questo è il giorno della non-memoria. «Never again» è stato cancellato. L'antisemitismo e l'intenzione di spazzare via il popolo ebraico circondano come un anello di fuoco Israele e ovunque nel mondo monta la marea ideologica antisemita. È chiaro e sensato, dunque, il rifiuto di ogni celebrazione fasulla o formale, della faciloneria, dell'ignoranza, della corruzione di chi odia Israele e di chi è complice nel criminalizzare e discriminare gli ebrei oggi. La Shoah, ormai, è in realtà con noi giorno dopo giorno dal 7 di ottobre. L'odio per gli ebrei che ha causato la carneficina nazista è uscito dalla tomba di sabbia dell'antisemitismo e si è avviato con le fasce verdi di Hamas fra le nostre case. Con loro i milioni di ombre cinesi che urlano nelle belle piazze europee e a New York «From the river to the sea» o «Kill the Jews», perché gli ebrei sono «genocidi», «criminali di guerra», «coloni». Il negazionismo è una bandiera obbligatoria, quella di Robert Faurisson, Roger Garaudy o David Irving, fino alla nuova proposta di sterminio, quella di Ahmadinejad e Khamenei o Yahya Sinwar, persino lui un'icona resistenziale.

Ma si può paragonare la Shoah al 7 di ottobre? La dimensione dello sterminio è diversa; i mezzi sono meno sofisticati e meno ordinata la vastissima esecuzione. Ma una mappa delle persecuzioni antisemite odierne nelle università, nei posti di lavoro, nei luoghi dell'arte e della scienza punteggia la carta geografica dall'America all'Asia. Fu diverso allora l'intento dei nazisti di nascondere lo sterminio di tutto il popolo, come spiegò Heinrich Himmler: «Questa è una pagina di gloria non scritta e che mai sarà scritta... per amore del nostro popolo». Hamas, invece, urlava «Yehud» mentre uccideva, filmava e postava le immagini dei bambini bruciati e delle donne stuprate e uccise. È diverso, certo, ma simile è la criminalizzazione e disumanizzazione: ebrei avvelenatori dell'umanità con la smania di potere (coloni!) e di intrighi, mostri assetati di sangue, in epoche diverse e con abiti e armi diverse... ma sempre ebrei.

Chi guarda la foto della donna con il suo bambino in braccio a Ivangorod, in Ucraina, mentre un soldato nazista li uccide con un colpo di fucile in mezzo a un campo, e poi contempla la disperazione della mamma di Kvir, otto mesi, e di Ariel Bibas, quattro anni, o il bambino con la nonna carbonizzati, trovati fra 1200 corpi straziati... vede che è una Shoah. Vede che la vandalizzazione dei cimiteri, dei negozi, delle case, in Australia o a Roma, è una «notte dei cristalli».

Dopo il 7 di ottobre sono marcite le formule retoriche che hanno simulato una moralistica, minimale riparazione che invece ha coperto intenti politici poi disfatti nell'opportunismo e nell'ignoranza. Chi oserà adesso senza vergogna raccontare la favola bella della memoria della Shoah mentre in televisione criminalizza Israele e lo descrive con le cifre ricevute da Hamas, mentre firma documenti di espulsione degli israeliani dalle università e dagli stadi, urla per le strade «Palestina libera» fregandosene degli omosessuali, delle donne, dei dissidenti uccisi dai nazisti islamisti odierni.

Dunque, esiste oggi un solo autentico «Never again»: quello che Israele ha pagato con la vita dei soldati e con la sofferenza dei rapiti, con la determinazione a vincere la guerra dopo l'attacco del 7 ottobre, con la sua seconda guerra di indipendenza dopo quella del 1948. L'altro «Never again» si è sfrangiato in Europa e nell'America di Joe Biden, ed è stato azzannato da parte del mondo islamico. Il 7 di ottobre ci dà la possibilità di capire cose che non sapevamo: abbiamo capito come la crudeltà può superare ogni limite immaginato; come si può tacere per ragioni politiche la necessità evidente di una guerra di sopravvivenza; abbiamo capito quale oceano senza fondo sia l'antisemitismo e come circa due milioni di ebrei siano stati trucidati da Paesi occupati, e non da Hitler. Questo Giorno della Memoria vede Israele al centro dell'attacco antisemita: ha dimostrato la sua potenza nel rispondere. Mai il popolo ebraico aveva potuto farlo e questo è il suo «Never again», con Hamas distrutta, gli Hezbollah a pezzi, la Siria cambiata, l'Iran in un angolo, alta la bandiera della sua democrazia contro il fascismo circostante. Ma l'altro «Never again» chi potrà dirlo? Solo chi si muoverà concretamente, senza chiacchiere, adesso, di fronte all'enorme minaccia contro l'Occidente e la democrazia: i fondi per le università e ogni istituzione culturale che discriminino gli ebrei devono essere tagliati; chi diffonde principi di violenza e di discriminazione, deve essere giudicato; l'Unione europea deve combattere il terrorismo; gli enti locali, le imprese, le istituzioni statali, quelle che fanno capo all'Onu e alla Ue, devono essere riesaminati proprio in base alla loro connivenza con l'antisemitismo e l'ostilità contro lo Stato Ebraico; gli immigrati islamici devono rinunciare a un credo discriminatorio e spesso aggressivo verso le altre religioni. Solo facendo così si risponde alla chiamata del «Never again».

Per esempio, l'Unesco fa di Gerusalemme una città di retaggio islamico cancellando la bimillenaria storia ebraica. È uno dei tanti gesti antisemiti che nel Giorno della Memoria dovrebbero essere aboliti in nome della storia comune dell'Ebraismo e del Cristianesimo, genitori della democrazia.

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