Nel dibattito sul burkini, arriva dall'Australia l'opinione della sua creatrice, Aheda Zanetti, la designer che ha depositato il copyright del nome - una crasi tra burqa e bikini - del costume da bagno più contestato del momento. Secondo la stilista, si tratterebbe di uno strumento d'integrazione che consente alle donne musulmane di vivere all'aria aperta, o quasi, la vita di mare, un elemento fondamentale della cultura australiana.
"Il burkini è nato in Australia, all'interno dello stile di vita australiano. Si prefiggeva l'obiettivo d'integrare il mondo femminile islamico alla società australiana", ha dichiarato la Zanetti, che ha aggiunto: "L'intenzione era quella di uscire dagli steccati, musulmani, non musulmani e così via. Si tratta solo di farsi un bagno in mare. Questo è tutto".
Insomma, nelle intenzioni di chi l'ha progettato, il costume da bagno che copre le donne da capo a piede, voleva solo proporre una nota positiva, fornendo la flessibilità e la libertà necessarie alle donne che vogliono vivere la spiaggia in maniera più pudica e modesta delle mode in voga.
Siham Karra-Hassan è un'indossatrice australiana di fede islamica che ha sofferto per anni di non potere andare al mare o in piscina. Poi, nel 2005, ha sentito parlare del burkini e si è precipitata a comprarne uno.
"Era semplicemente straordinario. Per me era come una seconda pelle, mi calzava a pennello e sono finalmente tornata in piscina.
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