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Alatri, la ricostruzione del pestaggio di Emanuele

Gli inquirenti hanno ricostruito la dinamica del pestaggio. I testimoni: "Palmisani usava spesso quel tubo". Altre risse ad Alatri

Alatri, la ricostruzione del pestaggio di Emanuele

La vicenda di Alatri e l'omicidio di Emanuele Morganti ha scosso e non poco il piccolo centro della Ciociaria. I contorni di quanto accaduto quella sera cominciano a delinearsi, soprattutto nella ricostruzione fatta dal pm. "Non è possibile individuare con certezza il movente dell’aggressione" ai danni di Emanuele Morganti ma di sicuro Paolo Palmisani e Mario Castagnacci "hanno ripetutamente usato nei confronti della vittima una violenza feroce" come comprovato da "una serie di testimonianze univoche". Lo scrive il pm di Roma, Stefano Rocco Fava nella richiesta di convalida del fermo per concorso in omicidio volontario. Già da un esame esterno del cadavere, il medico legale ha appurato "che le lesioni possono essere compatibili con un mezzo di natura contusiva a superficie piuttosto ristretta ed allungata in corrispondenza della regione frontoparietale sinistra". A parere del magistrato, "la pericolosità dei due indagati è rilevantissima e dimostrata dal comportamento gravissimo posto in essere, assolutamente sproporzionato al banale litigio che ha originato gli eventi e nel quale, per di più, non erano stati coinvolti gli indagati medesimi".

Il pugno che ha "abbattuto" Emanuele

Poi il pm ricostruisce il momento fatale, ovvero quando Morganti cade per terra senza sensi: "Giunto pressappoco all’altezza degli uffici del giudice di pace, Emanuele Morganti veniva raggiunto da Paolo Palmisani e da Mario Castagnacci i quali lo colpivano in sequenza con un pugno al capo ciascuno". "L’ultimo pugno sferratogli da Mario Castagnacci - è la ricostruzione del pm Stefano Rocco Fava - abbatteva letteralmente Emanuele che, privo di conoscenza, crollava al suolo sbattendo violentemente la testa contro la parte ove la portiera posteriore lato guida combacio con il telaio di una non meglio indicata Skoda di colore blu. Nonostante il ragazzo fosse a terra privo di conoscenza, l’aggressione continuava e i suoi amici Marco Morganti, Gianmarco Ceccani, Lorenzo Fanella e Riccardo Milani cercavano di soccorrerlo e difenderlo dai colpi facendogli scudo con le proprie persone".

Il tubo metallico per colpire Emanuele

A quanto pare Palmisani avrebbe usato un tubo metallico per colpire Morganti. A rivelarlo è uno dei testimoni: "Dietro la panchina era parcheggiata la Fiat Punto grigio scuro che so in uso a Paolo Palmisani, In quel frangente ho visto Paolo venire di corsa verso la sua auto. Proveniva dlla fonata che è al centro della piazza. A fianco a lui c’era la sua ragazza Michela. Ho visto Paolo che allontanava da sè la ragazza che non voleva fargli aprire lo sportello della macchina. Paolo gridava che doveva prendere la pistola e la ragazza cercava di fermarlo". "Paolo era sicuramente fuori di testa - ha aggiunto - forse aveva bevuto o forse aveva assunto stupefacenti. Devo dire che quando siamo stati insieme assumeva cocaina... Io ho osservato l’intera scena... Lui ha aperto la portiera posteriore lato guida, quella che dava verso la panchina dove io ero seduta, essendo l’auto parcheggiata con il muso verso le scale di Porta San Benedetto.

Ho visto che prendeva qualcosa dall’auto e poi ho visto in mano a lui un tubo metallico, mi è sembrato che fosse lo strumento che si usa per sbullonare le ruote, anche perchè lo avevo già visto in altre occasioni prendere quell’aggeggio mentre litigava con qualcuno. Con quello strumento in mano l’ho visto tornare verso la parte alta della piazza...".

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