Gli alleati preparano il "metodo gogna"

In fondo qualche rudimento sul piano tattico Giuseppe Conte lo ha imparato durante la sua permanenza nel Palazzo.

Gli alleati preparano il "metodo gogna"

In fondo qualche rudimento sul piano tattico Giuseppe Conte lo ha imparato durante la sua permanenza nel Palazzo. Come la scelta del momento più adatto per avviare quella vecchia liturgia che è la «verifica»: farla in piena sessione di bilancio, infatti, significa crearsi una rete di protezione, perché anche per un tipo che non va certo per il sottile come Matteo Renzi, sono impossibili rotture deflagranti mentre il Parlamento decide la politica economica di un Paese in profonda crisi. Poi il premier, accompagnato da Giggino Di Maio, non ci ha pensato due volte a prendere l'aereo per la celebrazione mediatica della liberazione dei pescatori che per più di cento giorni sono stati nelle mani delle milizie libiche di Haftar: foto degli ostaggi, ma anche un Google map «ricordo» che testimonia la presenza di Casalino all'aeroporto della municipalità di Bengasi. «Non mi fate un casino, è stato un errore del telefono si è raccomandato Roccobello in Libia , altrimenti mi accusano di aver rivelato la posizione di Haftar». L'operazione è stata un successo dell'intelligence italiana, ma anche un modo indiretto o almeno un tentativo - di Conte per rintuzzare la richiesta del leader di Italia Viva che gli chiede di mollare la responsabilità dei servizi segreti. «In questo duello conferma il presidente della commissione Esteri del Senato, il grillino Vito Petrocelli il capo del governo è un pochino più forte di Renzi rispetto a ieri». Insomma, anche se neofita del Potere, Conte non ci ha pensato due volte a sfruttare la vicenda in politica. «A leggere le agenzie di stampa è stata la battuta del viceministro dell'Interno, il piddino Matteo Mauri, ieri al Senato sembrava che il premier fosse andato in volo a liberare i pescatori come Superman».

Siamo, però, sempre alla tattica se non alla pretattica, alla politica mediatica, quando, invece, i problemi riguardano la strategia e la visione per il futuro. Per cui Renzi ci ha messo poco a mettere in campo le contromosse per tenere sotto schiaffo il premier e rinviare il chiarimento all'indomani dell'approvazione della legge di bilancio. «Con la lettera che gli ho mandato ha spiegato ai suoi lo lasciamo a mollo per un po'. La liberazione dei pescatori? Sono strafelice. Dico solo che se - rimarco se - è stato pagato un riscatto, non si va in pompa magna a riprendere gli ostaggi. Io non l'ho mai fatto. E anche la foto con Haftar, è gravissima».

La realtà è che Conte e Renzi sono due mondi. Opposti. Non per nulla nella lettera inviata al Premier tra Recovery fund, servizi, strategia contro la pandemia, politica economica il leader di Italia Viva ha fatto una requisitoria contro il governo più severa di quelle in cui si cimenta spesso Matteo Salvini. Se le parole hanno un senso, se fossero come si diceva una volta davvero scolpite sulla pietra, è difficile immaginare tra quelle posizioni agli antipodi un punto d'incontro, una mediazione, un compromesso. Ma la politica, si sa, per citare Bismarck, è l'arte del possibile e, facendo decantare i tempi, potrebbe anche darsi che l'impossibile di oggi diventi il possibile di domani. Solo che, per come si è messa la questione, è difficile che nessuno dei due perda la faccia.

In sintesi, Conte potrebbe pure restare a Palazzo Chigi, ma affinché Renzi non si appiccichi addosso l'immagine del pastorello di Esopo che grida al lupo, al lupo, il premier dovrà subire un'umiliazione, accettare di passare sotto le forche caudine. Che si tratti di lasciare ad altri la responsabilità dei servizi segreti, di capovolgere la struttura di gestione del Recovery Fund, di accettare il Mes, magari pure un rimpasto, si vedrà a gennaio, ma c'è bisogno di un fatto simbolico che dimostri il passaggio dalla parodia di cesarismo del Conte del 2020, ad un equilibrio diverso, in cui la gestione del governo sia davvero collegiale. «Un'umiliazione sui fatti», rimarca il renziano doc, Gennaro Migliore. «La liberazione dei pescatori sottolinea il capogruppo dei senatori renziani, Faraone è una soddisfazione che dura un periodo brevissimo. Eppoi il portavoce del Premier che invia la geolocalizzazione da una base segreta, mi chiedo se sappia che non siamo più al Grande Fratello». Già, gli argomenti del confronto aumentano invece di diminuire. Così per Conte l'alternativa ad un passaggio sotto le «forche caudine» è un governo guidato da un altro premier. Di che tipo si vedrà. «Sicuramente continua a rimarcare il leader di Italia Viva ai suoi l'alternativa non saranno le elezioni».

Appunto, Renzi sta giocando duro perché è sicuro che chi minaccia le elezioni anticipate è una tigre di carta. Ergo, gioca a prendere tempo, a non rompere e a rinviare il chiarimento vero a gennaio. Ecco perché l'incontro di ieri era nelle cose che rappresentasse solo un passaggio tattico. «Se fosse per me ha confidato ai suoi prima di andare a Palazzo Chigi non durerebbe più di mezz'ora. Conte deve mettersi in testa che andrò fino in fondo questa volta. Se non avrò una risposta vera, se non ci sarà una svolta nella politica del governo, se non ci sarà un rilancio, io non mi tirerò indietro. Sono pronto anche a rompere. Non scherzo».

Un'eventualità che almeno sulla carta esiste e che l'ex segretario del Pd non si sente di escludere. Non per nulla è attento ai tramestii che si sentono nei suoi gruppi parlamentari sottoposti alle pressioni del Pd e dello stesso Conte. «La vera battaglia ha assicurato al suo stato maggiore si svolgerà al Senato. E lì, al massimo, potremmo perdere due senatori, ma potremmo arruolarne anche molti di più».

In più Renzi pensa di poter contare su quella parte del Pd che reclama una maggiore collegialità, che chiede, anch'essa, un ridimensionamento di Conte. «Anch'io confida Dario Stefano, presidente della commissione Politiche europee del Senato ho inviato una lettera a Conte il 28 novembre, per dirgli che la struttura per la gestione del Recovery fund non andava bene. Dovevamo vederci oggi con il premier, ma poi è volato in Libia. Se per trovare un'intesa si dovrà umiliare? Basterà che molli i servizi segreti». Insomma, dopo i proclami alla nazione, Conte dovrà adeguarsi alla politica.

Ci riuscirà? «Più l'emergenza sanitaria verrà meno è il parere del piddino Andrea Romano e più Conte sarà nudo. E dimostrerà di avere delle lacune, di non avere quel professionismo politico indispensabile per destreggiarsi nei momenti di crisi».

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